Si cercano trùoni!

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Altra volta ho scritto sui “trùoni”, che non sono i tuoni, ma pietre levigate, annerite e pesanti, che cadevano nei nostri territori, Acri, incluso. I contadini e il popolo in generale ritenevano che si trattasse della materializzazione dei tuoni o dei fulmini. Mi fu fatto vedere un esemplare in uno studio medico di Acri, lo ebbi tra le mani, l’osservai: era pesante, levigato, annerito. Dopo tempo ne chiesi a quel medico, da tempo non più fra noi, e negò d’avermelo sottoposto all’osservazione.

Ritrovo la ripetuta citazione di queste pietre in una relazione del 1878 del capitano G. Ruggieri, che scrive: “La massima parte delle famiglie di contadini e molte di quelle agiate dei comuni interni ritengono qualcuno di questi amuleti trovati nei loro poderi, e tutti i truoni non sono precisamente armi preistoriche, lo sono però per la gran parte”.

Scrive, ancora: “Vuolsi dunque che tali pietre sieno gli stessi fulmini che si sprofondano nel terreno e poi risollevano a poco a poco (…) che sospesi sul fuoco ad un filo, questo non possa abbruciare e sia la prova della loro virtù; né per quanti fili si saranno consumati, si decideranno mai a cambiare opinione”.

Si credeva che quelle pietre avessero potere magico, tanto che “messi nel fuoco al minacciare di un temporale valgono a scongiurarlo”; “si ricorre perfino ai truoni nei parti difficili”.

Il Capitano dice di averne trovati a centinaia.

Il suddetto ritiene che quelle pietre di varia forma siano manufatti: armi preistoriche e si trovino in altitudini varianti fra i 600 e i 700 msl.

Queste “pietre”, va detto, almeno quella da me avuta fra le mani, ha un peso superiore a quello d’una pietra normale. Mi si disse, inseguito a mie indagini, che se ne trovavano nel territorio di Acri. In contrada Vallonecupo, un vecchio contadino mi indicava la castagn’ ‘e du trùonu, così detta, precisava: “perché là si era conficcato un trùonu”.

La verità non è quella riportata dal citato Capitano; si tratta non di manufatti, ma di meteoriti.

Il popolo dava, infatti, una sua spiegazione: erano la materializzazione di qualcosa che veniva dal cielo. Cosa poteva venire da quelle altezze? Per i popolani poteva essere solo la materializzazione dei tuoni-fulmini.

Quelle pietre, mi dicevano, le mettevano da parte, e il mio anziano contadino mi precisava che, nel cadere dal cielo “diventavano lisci, più pesanti e più scuri delle altre pietre… perché, quelli, i trùoni, sono bollenti… se tu metti una pietra nel fuoco vedrai che diventa più nera…”. E continuava col dare spiegazioni con la sua logica.

Gli chiedevo se secondo lui avessero poteri magici. Mi guadava e poi: “Forse… Io non lo so… Non ho provato… ho avuto tra le mani un trùonu, ma non so se fosse magico…”.

Quell’anziano, come dicono, “è allu lùocu ‘e da verità”, ossia è morto. Non posso intervistarlo nuovamente, né mi posso far mostrare ‘u trùonu che lui aveva trovato.

I lettori che ne avranno voglia ricerchino e, forse, troveranno persone più disponibili di quel medico, che negò d’avermi fatto vedere ‘u trùonu, che, per me non era manufatto, ma un meteorite.

Giuseppe Abbruzzo

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