Catone e la Medicina, una polemica attuale
Niente di nuovo sotto il sole! -, dicevano i Latini e noi vogliamo dimostrarvelo con uno di essi. Plinio, nella Storia Naturale (l. 29), riguardo alla medicina scrive del celebre Catone, del quale riporta una lettera indirizzata al figlio Marco.
Va precisato che per lunghi anni i Romani non ebbero medici!
Ma, cediamo all’Uticense. Egli scrive d’essere stato, per tempo, ad Atene, in Grecia, che “ha il suo studio generale adornato di molti Filosofi; dei quali se tu vuoi sapere quello, che a me pare, te lo dirò brevemente”.
Incomincia col dire che quei filosofi di Atene “parlano troppo e operano poco”, dicono gli altri barbari e hanno la presunzione di essere solo loro filosofi: “danno ad altri consigli dei quali sono inimicissimi, dissimulano le ingiurie, le quali non rimettono giammai; sono costanti nell’odio, e vari nell’amore; sono tenaci del suo, e cupidi dell’altrui; sono superbi nel comandare e indomiti nel servire”.
Sconsiglia, perciò, il figlio dall’andare in Grecia e decreta che, quando il Senato romano permetterà alle dottrine greche di entrare in Roma “potrai dire che la libertà della nostra Repubblica sia perduta”. Sottolinea, poi: “Perché i Greci si sforzano di palar bene, mentre i Romani di operare bene”.
In particolare fa rilevare, che fra le arti la più “perniciosa e scandalosa” è “quella che tra di loro è detta medicina per la nostra Repubblica è più cattiva di tutte le altre; perché come ti ho detto i Filosofi sono cattivi e tra quelli i Medici sono peggiori, perché i Greci congiurano per ammazzare per mano dei Medici quelli, che con le armi non hanno potuto vincere”.
Continua dicendo: “ogni giorno si vedono molti Medici contrastare sopra la malattia dei loro infermi e questi tanto più facilmente muoiono, quanto essi più rabbiosamente contrastano; e quel ch’è peggio, quel che è lodato e proposto da uno viene sconfessato e biasimato dall’altro in modo che sembra che disputino e s’affatichino di ritrovare quale medicina sia più atta ad uccidere, che a guarire l’infermo”.
Catone continua su questo tono e dà consigli al figlio.
Insomma: bisogna credere alla scienza o farlo quando conviene?
Il giudizio generale sulla medicina è positivo ai tempi nostri ma, a sentire quanto si dice e contrasta riguardo ai vaccini, ricorda la citata lettera di Catone.
È proprio vero: – Niente di nuovo sotto il sole! -.
Forse, ogni tanto, bisognerebbe leggere o rileggere i classici. Ad averne voglia! Vi troveremmo tanti episodi e tanti ragionamenti, che si fanno ai tempi nostri, ovviamente con i vari distinguo.
Chi ha ragione: chi ammette e opera o chi sconfessa? Ovviamente le due campane sono contrastanti.
A noi ritorna l’eco: “sembra che disputino e s’affatichino di ritrovare quale medicina sia più atta ad uccidere, che a guarire l’infermo”.
Ognuno può pensarla come vuole e, come dice il popolo: benedire e scomunicare, ma non bisogna dimenticare che nella disputa vi è di mezzo l’infermo.
Nell’antichità si discusse molto pro e contro la medicina, sta di fatto che se, nel tempo, si fossero fermati a quella discussione non ne avremmo avuto il progresso attuale.
Verrebbe voglia, nella nostra ignoranza, di affidarci ai detti popolari, che ribadiscono: fra i litiganti vi va di mezzo il sofferente.
Precisiamo di non avere velleità di entrare nel merito delle dispute: non abbiamo né la preparazione, né la capacità. Abbiamo solo voluto ricordare che sulla pelle dei “miseri” ognuno discute e, intanto…
Vogliamo dire, infine, che se si fosse dato retta a Catone e si fosse sconfessata la Medicina, da allora ad oggi, non vi sarebbe rimasto in piedi quasi nessuno.
Giuseppe Abbruzzo