A cena con Macron
L’ultimo Consiglio Europeo, al quale hanno partecipato i capi di governo dei 27 paesi dell’Unione Europea, oltre al suo Presidente Charles Michel ed alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, proceduto da uno scambio di opinioni con il presidentedell’Ucraina Volodymyr Zelensky sulla guerra di aggressione della Russia e sul sostegno all’Ucraina e alla sua popolazione, ha suscitato vistose polemiche in Italia.
Secondo la ricostruzione di molte testate giornalistiche, l’antefatto del mancato invito del Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni alla cena fra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e lo stesso Volodymyr Zelensky, sarebbe stato uno scacco per il nostro Paese, ormai indirizzato ad una minore rilevanza sul piano diplomatico nei rapporti con l’Unione Europea.
Le opposizioni hanno colto l’occasione per gridare all’isolamento italiano, a causa di un governo che starebbe scontando un approccio troppo nazionalista nelle dinamiche continentali.
Realisticamente, i fenomeni non possono essere letti sotto questa ottica.
In ambito di diplomazia, i rapporti tra gli Stati, sono per loro natura complessa e sfuggono ad una valutazione con parametri tipicamente nazionali, chiaramente ed oserei dire quasi naturalmente, volti ad una strumentalizzazione degli eventi inchiave di politica interna.
In questo mondo, si intrecciano questioni rilevanti di natura economica, sociale, ambientale, finanziaria, che si sviluppano nel tempo e conoscono pesi e contrappesi, imposti dagli interessi dei singoli Paesi, con cui si raggiungono, a volte faticosamente ed a discapito dei più, soluzioni di equilibrio e di compromesso.
È chiaro che il nuovo Governo, coerentemente ed in linea con quanto sostenuto con la sua politica, sta lavorando per una diversa collocazione dei suoi rapporti in ambito europeo, facendo leva sulla necessità di tutelare maggiormente gli interessi nazionali, a volte sacrificati sull’altare di quelli europei, su cui comunque negli anni la Francia e la Germania hanno primeggiato.
Prematuro sarebbe oggi esprimere un giudizio, che rischierebbe di essere sommario in attesa della verifica dei risultati di questo legittimo indirizzo politico.
Ma è altrettanto chiaro che la scelta del presidente francese è il prodotto di mesi di gelo tra i due leader.
Secondo fonti diplomatiche la premier italiana non starebbe facendo molto per favorire un avvicinamento.
Si cita, per esempio, la mancata risposta del nostro Presidente del Consiglio all’invito dell’Eliseo, non avendo fornito al cerimoniale della presidenza francese una data per la visita a Parigi. La capitale francese e quella tedesca sono solitamente le prime due tappe europee di un premier italiano appena nominato. Dopo Bruxelles, invece, Giorgia Meloni è stata a Berlino ed a Stoccolma, in omaggio alla presidenza di turno svedese dell’Ue. Una decisione che non è passata inosservata.
Siffatto, comunque, è lo scenario locale.
Allargando lo sguardo, le cose hanno una diversa dimensione in ambito internazionale.
Quello di oggi rimane un mondo “per grandi”, con uno spazio di manovra diplomatica e politica riservata ai leader europei praticamente assente.
223 esperti interpellati da ISPI, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, hanno segnalato come nell’anno della crisi ucraina, gli USA tornano a guadagnare influenza sulla scena internazionale. Questa inversione non avviene, invece, per quanto riguarda l’UE.
Malgrado la crisi ucraina, l’UE è percepita come in declino anche quest’anno. Un declino che, dopo la forte ripresa del 2020 (risposta alla pandemia, soprattutto Next Generation EU), addirittura si consolida (da –15 a –24).
Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, è indicata come leader più influente al mondo da meno del 3% degli interpellati.
Il netto recupero di influenza degli USA avviene in parallelo alla forte rivalutazione del suo Presidente, Joe Biden. Se nel 2022 solo il 12% degli esperti indicava Biden come il leader più influente al mondo, quest’anno tale cifra arriva al 40%.
La Russia, che secondo gli esperti aveva conosciuto il suo momento di massimo aumento di influenza proprio negli anni successivi alla prima crisi ucraina e agli accordi di Minsk (2014-2016), adesso è percepita in netto calo (–21).
In questo dato sembra riflettersi il paradosso vissuto dalla Russia post-invasione: mentre Putin è leader in forte recupero di “influenza” a causa del suo ruolo cruciale nella prosecuzione o risoluzione del conflitto (se solo il 5% degli esperti lo indicava come leader più influente l’anno scorso, questa quota sale al 31% quest’anno), il suo Paese è percepito come sempre più debole e meno influente proprio a causa delle conseguenze della guerra.
Anche la Cina sembra perdere colpi.
Una maggioranza relativa degli esperti continua a ritenere la Cina più influente rispetto all’anno scorso, ma questa maggioranza nel corso del 2022 si è fortemente erosa (da +52 a +14). In tutto questo, un ruolo potrebbe aver giocato anche il travagliato abbandono della strategia zero Covid.
Il calo di influenza percepita della Cina nel corso dell’ultimo anno si riflette anche sul calo di consensi per Xi, indicato come leader mondiale più influente solo dal 21% degli esperti (contro il 34% dell’anno scorso).
Il giudizio sull’Italia.
Sul conflitto in Ucraina, quella che emerge dalle opinioni dei 223 esperti, che generalmente negli anni precedenti al conflitto non hanno lesinato critiche alla conduzione della politica estera del nostro Paese, l’Italia si è mossa decisamente bene.
In una selezione di indicatori attinenti alla crisi, e in una scala di voti che va da 1 a 10, l’operato del Governo italiano non si merita mai un voto inferiore al 7,2 (sulla difesa e sulla sicurezza energetica), e sfiora addirittura un 8 pieno nelle relazioni con gli USA.
Analizzando tutti i dossier di politica estera, emergono chiaramente sia le aree in cui l’Italia si è comportata meglio, sia quelle in cui – secondo i 223 esperti interpellati da ISPI – Roma ha faticato a registrare successi. Tra le azioni giudicate in maniera nettamente positiva, oltre a quelle attinenti alla crisi ucraina compare anche il ruolo giocato dall’Italia nell’attuazione del Next Generation EU (voto 7,5). Sotto la sufficienza invece la gestione dell’Italia delle politiche migratorie a livello Ue (5,2), il suo ruolo nelle crisi in Medio Oriente (5,1) e la gestione del caso Regenicon l’Egitto (5)
Globalmente, è chiaro che non è certo una cena con Macron a mutare un mondo “per grandi”.
Angelo Montalto
Certi che non’è questa cena che può inquinare i rapporti con l’Europa, ma non’è che ci abbiamo fatto una bella figura🙈