La brigantessa Ciccilla e i tanti interrogativi

Qualche tempo fa l’amico Peppino Curcio ha dato alle stampe un documentatissimo, pregevole saggio in titolato Ciccilla. Era questo il nome che i compagni avevano dato a Maria Oliverio, moglie di Pietro Monaco. Quella denominazione ricordava, al femminile, Francesco II di Borbone.

Il volume descrive con minuziosità e con una serie di documenti, gran parte di prima mano, una vicenda che, a distanza di tanti anni presenta ancora, inspiegabilmente, tantissimi lati oscuri.

Chi preparò il sequestro, oltre quelli che successivamente furono processati?

A quale scopo qualche mese prima del giorno fatale si denunciarono tentati sequestri che, a ben guardare, sembrano fittizi?

Che fine fecero i soldi del sequestro se è vero, come è vero che i processati non avevano di che pagarsi l’avvocato?

Chi prese quei soldi?

Come si vede questi e altri interrogativi si aggiungono a quelli posti da Peppino Curcio e da Vincenzo Feraudo, nel suo Banditi alla Caccia?

Diciamo, per chi non si è occupato della vicenda, che il 1° settembre 1863, un gruppo di signori acritani si erano recati a Pombio, per la solita passeggiata. I più giovani, fra l’altro, ammiravano le belle popolane che vi andavano ad attingere acqua. All’improvviso si sente una scarica di fucilate e Michele Falcone, uno dei sequestrati, scrive, in un diario, che vedono «degli uomini armati fino ai denti con cappelli alla Calabrese invellutati, e tempestati di madre perle».

Cercano, istintivamente, scampo nella fuga. A farne capire l’inutilità è una grandinata di palle «le quali ronzando vicino a noi – scrive il Falcone – andavano a conficcarsi nei castagni vicini. Domenico Zanfini (…) tramazzò sul suolo col volto brutto di sangue per una palla che lasciandolo in capelli gli sfiorava leggermente l’occipite».

Lo Zanfini era il mio bisnonno materno. Si temette il peggio per lui, ma si rimise in piedi e sequestratori e sequestrati presero la via della Sila.

Chi volesse conoscere come andarono le cose deve consultare i due libri segnalati. Se a qualcuno volesse fare ricerche su giornali dell’epoca e su altri documenti, che potrebbero illustrare aspetti dell’ingarbugliata vicenda, farebbe opera meritoria.

Diciamo che quello che fu indicato come basista del sequestro era un tal Pietro Maria De Luca. Diciamo, ancora, che il danaro del sequestro passò sempre dalla località Molicelle, che si trova nel Là Mucone.

Il De Luca era “guardiano” di quel terreno. Chi ne era il proprietario? Si vorrebbe sapere, anche se poteva essere all’oscuro di tutta la vicenda.

Ne abbiamo scritto, perché qualche sera fa l’avv. Antonella Abbruzzese, ha letto, nell’ambito della manifestazione sulle fontane, organizzata da Hortus Acri, una pagina riguardante quel sequestro tratta dal libro di Vincenzo Feraudo.

Si diceva che la Oliverio, sulla quale pesavano 48 capi d’accusa (qualcuno, inspiegabilmente non vi si trova. Perché?) fu condannata a morte, ma graziata con immediatezza inusuale. Fu inviata a Fenestrelle: carcere di massima sicurezza maschile!

Poniamo un ultimo, sconvolgente interrogativo? Chi finì a Fenestrelle? Maria Oliverio o altra, alla quale si diede tale nome di comodo? Peppino Curcio pone nella prima di copertina l’immagine scattata dai carabinieri in cui Maria Oliverio ha il braccio ferito sospeso al petto. Nell’ultima di copertina, forse in forma provocatoria, ha posto la foto della Oliverio, fatta scattare a Fenestrelle da Cesare Lombroso. Le donne delle due foto sono diverse.

Chi fu relegata e morì a Fenestrelle al posto di Maria Oliverio? E quest’ultima che fine fece?

Come si vede vi sono molti lati oscuri. Perché tanti misteri? Cosa e chi si doveva coprire?

Chi vuole indaghi. Noi abbiamo messo molta carne a cuocere.

Giuseppe Abbruzzo

Bata - Via Roma - Acri

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2 risposte

  1. Ottavio Alfano ha detto:

    Anche io avevo notato la differenza nelle foto di Ciccilla e anche la foto di Pietro Monaco che avevo sottoposto a Peppino Curcio il quale mi diceva della non somiglianza con discendenti e quindi dubbia, infatti da altre ricerche mi si attribuisce a Fedele Strongoli capobanda da mongiana condannato a morte. Ci sono molte cose che non quadrano dopo tanto tempo e spero che vengano alla luce, io credo che certi sotterfugi siano stati sempre usati!

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