Blasone per le ragazze acritane di fine 800
In un passato non molto lontano si lanciavano, tra paesi limitrofi, quelli che i “folkloristi” definiscono blasoni.
Antonio Argondizza di S. Giorgio Albanese, vissuto nel secolo scorso, che scrisse un “elogio” della famiglia Falcone di Acri, riporta uno di questi “blasoni” che riguardano quest’ultimo paese. Lo trascriviamo come lo riporta il suddetto:
“… un giorno il banditore, gettato ad armacollo il suo tamburo, corse nel vicinato più popoloso del paese. Ivi si mise a suonare con vertiginosa celerità il suo strumento, ed in pochi secondi si videro popolate di teste femminili le finestre e le porte e zeppe di gente la strada. Allora il banditore smise il suono, collocò a ventaglio la man destra sulla guancia, levò la testa, spalancò la bocca e pubblicò con voce stentorea:
– Autu bannu! (alto bando) ca si maritano i vucchi ranni! (le bocche larghe).
– E quannu? e quannu? (e quando?) – domandarono a coro e con ansia tutte le zitelle fornite di bocca larga.
S’indispettì il banditore a tanto colluvio di voci, e soggiunse:
– None! (no) none! ca si maritanu i vucchi stritti!
– Chi ti l’ha dittu! Chi ti l’ha dittu! – Chiesero ad una voce tutte le fanciulle di bocca stretta, assottigliando la voce e procurando di ridurre la boccuzza quanto una cruna d’ago.
Il banditore gettò sulle spalle il suo tamburo e corse via ridendo.
Il mondo è sempre lo stesso!”.
Non sappiamo se quanto riportato, pubblicato in una rivista nazionale di fine 800, sia stato letto e divulgato in Acri.
Come si vede è una delle tante prese in giro e qui, fra l’altro, è un rimarcare sul dialetto acritano.
All’epoca era un rincorrersi di questi “blasoni”, ma ora che i tempi sono mutati si riporta tutto questo per mero spasso.
Per fortuna il mondo non è sempre lo stesso!
C’è da chiedere, ancora: – Dove sono finite quelle menti fertili, che del sarcasmo facevano un’arma, per deridere i propri vicini? -. Il “mondo” si è appiattito e le “menti fertili sono sparite.
Un bene? Un male? Fate voi!
Giuseppe Abbruzzo