Le rocce vetrificate di Serra di Buda. Un fenomeno raro opera d’una sconosciuta civiltà. Chi di dovere non ne prende atto!

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Avevo un amico dal carattere particolare. Egli aveva, su un mobile del suo studio, un gruppo in metallo delle tre classiche scimmiette, che comunicavano, in un linguaggio muto, ma dall’eloquente significato. Se, a volte, gli chiedevo qualcosa, sulla quale non voleva mettere lingua, faceva un gesto, invitante a guardare quel gruppo. Non si pronunziava nemmeno ad estorcergli le parole con le tenaglie.

Un detto nostrano dice che l’amico bisogna accettarlo con i suoi difetti. Non so se quel suo gesto fosse un difetto, o meglio non sta a me giudicare, anche perché l’amico era amabilissimo, colto e amante del discorrere su argomenti vari.

Quelle tre scimmiette, però, mi hanno sempre portato a fare una riflessione: noi calabresi, come i meridionali in genere, siamo portati, per vicissitudini varie verificatesi su queste terre, a tenere presente il gruppo in questione. Ma, e sì c’è un Ma grande come una casa: se in molti casi ne va di mezzo la pelle il comportamento del mio amico è, più o meno accettabile, in altri casi assolutamente no. Mi chiedo e tanti si chiederanno successivamente: – Sarà l’aria, l’acqua, il cibo, ma quanti approdano sulle nostre terre soffrono del “male” del mio amico -.

Me ne sono convinto pienamente in questi giorni. Ecco perché questa premessa e perché voglio condividerla con i miei “venticinque lettori” di manzoniana memoria.

Di questi giorni è stata divulgata la notizia delle analisi e, finalmente, di una parola chiara sulle rocce vetrificate di Serra di Buda in Acri. Il fenomeno è presentato con le relative analisi di laboratorio e, in conclusione, si tratta dell’opera geniale d’una civiltà a noi sconosciuta, perché mai indagata, che occupava, in tempi lontanissimi, quel sito.

Le rocce vetrificate riconducano a quelle ritrovate in Svezia.

Una notizia del genere avrebbe dovuto far balzare dalla scrivania chi è preposto alla sovrintendenza dei beni e dei siti archeologici della nostra regione, ma! E sì vi è sempre quel ma, si è registrato il silenzio più totale, ma eloquentissimo.

Qui, in Calabria,  chiunque vi metta piede, anche per questo, fa il gesto del mio amico: e, tutto tace.

A questo punto, però, sorge un interrogativo: – Perché tanto silenzio? -.

Una notizia così eclatante avrebbe dovuto, immediatamente, far prendere posizione a chi di dovere, invece!… Richiediamo: – Perché? -. Si è fatto il voto del silenzio?

Generalmente si pone una scusa: – Non abbiamo soldi! -. Ma, di grazia, chi ha chiesto soldi? Gli studiosi, è bene che i lettori lo sappiano, hanno fatto tutto a spese loro, per intima soddisfazione di svelare un fenomeno, che sembrava non poter avere soluzione. Allora, cosa frena la lingua e la penna di chi di dovere?

Sì di dovere, perché chi è preposto alla tutela dei beni archeologici del territorio, deve conoscerli, farli conoscere e proteggere. Perché non dare una comunicazione ufficiale alla Comunità Archeologica mondiale e a quella Nazionale della scoperta? È forse notizia da tenere segreta, pur se attesa da secoli? Perché? C’è qualcosa che ci sfugge?

Vorremmo, io e i suddetti miei venticinque lettori, sapere perché di tanto silenzio.

L’epidemia delle tre scimmiette contagia chiunque? O si pensa che il silenzio è d’oro. Comunque: – Perché? -.

Ad Acri, fra l’altro, opera un’associazione il cui acronimo è ACRI, perché non si è contattata, convocata? Perché non si è convocato, almeno uno dei firmatari, della relazione, che ne fa parte?

Ci viene un dubbio atroce: forse un caso rarissimo qual è quello delle rocce vetrificate di Serra di Buda in Acri non interessa a particolari archeologi e, quindi, si preferisce il silenzio.

C’è da sperare che chi dovrebbe non ci faccia rimanere ulteriormente i tanti incredibili interrogativi senza l’adeguata risposta.

Chi volesse prendere visione della citata relazione deve consultare il sito Broborg.

Giuseppe Abbruzzo

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