Giornalismo e impegno civico: due termini spesso dissonanti
Spesso, il termine giornalista rischia di essere onnicomprensivo, finendo per inglobare in questa parola un’infinità di attività che col giornalismo, quello serio, hanno poco a che fare. Non infrequentemente assistiamo, specie in rete, ad auto incensate di sedicenti giornalisti, autoreferenziati, che sciorinano la loro indefessa etica professionale e il loro non piegarsi di fronte a nessuno. Se così fosse, molte di questi signori meriterebbero dei riconoscimenti. Peccato che tutto provenga da auto riconoscimenti, spesso spalmati al solo scopo di far dimenticare parte della loro storia. L’Italia ha avuto una lunga tradizione di giornalismo impegnato e coraggioso. Peppino Impastato è forse uno dei nomi più fulgidi e rappresentativi di questo nobile mestiere. Accanto a personaggi di questa caratura, molti dei quali, negli anni, hanno pagato direttamente le loro scelte coraggiose, troviamo un’infinità di Don Abbondio. Insomma, tutto fuorché esempio di giornalismo coraggiosi. E tuttavia è curioso assistere a queste patetiche auto esaltazioni. Ancora più singolare è vedere come questi impavidi eroi armati di penna, nelle loro filippiche, non attaccano a 360 gradi: dosano con estrema precisione i nomi propri e gli aggettivi, si guardano bene dal fare alcuni nomi palesemente coinvolti in procedimenti in fase avanzata, mentre cercano di far rilevare pagliuzze negli occhi di personaggi meno ingombranti e perciò stesso meno pericolosi. In definitiva, questi eroi si muovono sempre con la stessa filosofia, attaccare chi non mi soddisfa o non ha risposto alle mie aspettative, non attaccare, o farlo in maniera indiretta e smorzata, chi si ritiene possa servire o possa reagire. Chi volesse dilettarsi troverà in rete un bel po’ di materiale di questo tipo. Non sappiamo però quanto quest’esercizio possa risultare gratificante, Meno che mai costruttivo. Sicuramente, però sul piano del costume è una testimonianza di un certo modo di essere dell’uomo, o perlomeno di alcuni.