Addio a Cenzino Pignataro (‘U maffiùsu)

Vincenzo Antonio Pignataro, noto a tutti come “Cenzino ‘U maffiùsu” (soprannome del padre, Raffaele) si è spento la sera del 9 gennaio.

E’ stato uno dei rappresentanti più attivi e dinamici della nostra comunità, esponente sindacale per lunghi anni, prima del mondo operaio, poi dei pensionati, distinguendosi sempre per impegno, disponibilità. Ne scriviamo rattristati non solo come cittadini ma come familiari. Era nostro zio materno. Personaggio poliedrico e di viva intelligenza, amava leggere, informarsi e, anche in tarda età, non rinunciava alla lettura quotidiana dei giornali.

Nato nel 1926, con Zio Cenzino se ne va una parte della memoria storica di Acri, un rappresentante della difficile fase di ricostruzione postbellica. Ha lavorato in quasi tutte le case popolari costruite tra la fine degli anni ‘40 e gli anni ‘70 del secolo scorso. Parlare con lui era come sfogliare un libro illustrato della storia operaia dell’ultimo secolo: ricordava qualsiasi evento occorso negli ultimi novant’anni.

Disponibile verso chiunque, aveva ereditato dal padre un carattere tale da commuoversi verso qualsiasi evento triste e, contemporaneamente, incavolarsi di fronte a storture evidenti, facendo sentire la sua voce e la sua pungente ironia. Sul piano strettamente personale, sono tanti i ricordi che si affollano in queste ore nella nostra mente. Ci sentivamo periodicamente e, nelle rare occasioni di incontro, gli chiedevamo – oltre a vari fatti locali e riscontri –  di parlarci di nostro nonno, suo padre, prematuramente scomparso e del quale conserviamo un ricordo appannato e affievolito dall’oltre mezzo secolo trascorso dalla scomparsa e dalla nostra tenera età all’epoca.

Era un fiume in piena nel raccontare della famiglia, dei tanti aneddoti, che ascoltavamo incuriositi e affascinati da come quest’uomo anziano serbasse ogni evento della vita in maniera così lucida da rendere l’interlocutore partecipe diretto di eventi ormai andati. Che si trattasse delle elezioni del 1948, piuttosto che delle lotte per la terra o tant’altro, tutto diveniva incredibilmente vivo e reale grazie a una memoria lucidissima e un eloquio forbito e ricco. Con “Cenzino ‘U maffiùsu” scompare non solo una bella persona ma una fonte diretta a cui attingere tutte le volte che avevamo voglia di conoscere direttamente la nostra storia dell’ultimo secolo, storia di lotte, di guerra, di miseria ma anche storia della nostra grande capacità di reagire alle difficoltà e ritornare a sorridere.

Il recupero e la preservazione della nostra memoria storica è essenziale  per ricostruire quel tessuto relazionale e solidale che negli ultimi tempi si è drammaticamente sfilacciato. 

Addio Zio Cenzino, che la terra ti sia lieve.

Massimo Conocchia

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