La Sinistra al bivio, orfana di rappresentanza
Ciò che sta succedendo nella Sinistra italiana merita alcune considerazioni. Dire che siamo di fronte a una crisi di dimensioni e portata storiche equivale a dire un’ovvietà. Altrettanto scontata ci pare la considerazione che ad essere in crisi non sia la Sinistra ma la sua rappresentanza.
Manca, in estrema sintesi, un movimento che sia in grado di portarne avanti le istanze. L’agonia del PD è destinata ad essere lenta ma inesorabile, specie da quanto si intuisce dalle dichiarazioni di alcuni leader. Il messaggio elettorale sembra essere stato fagocitato e – sebbene maldigerito – non ci pare che quello scossone sia destinato a imprimere quella svolta necessaria per passare da un movimento di Centro a una forza in grado di raccogliere le istanze dei più deboli. Di questa crisi ringrazia il Movimento 5 Stelle che, con Giuseppe Conte, è stato abile nel proporsi come forza in grado di portare avanti le tematiche sociali e di welfare che il PD aveva abbandonato, trasformandosi nella forza più sfegatata del draghismo e di ciò che esso rappresentava.
E’, tuttavia, innegabile che il movimento di Giuseppe Conte non è nato come partito di Sinistra ma come forza svincolata dalle storiche etichette, che si propone di portare avanti istanze sociali anche con compagni di viaggio eterogenei, che siano in grado di condividerne la visione del mondo.
Questa impostazione ha permesso al movimento di potere governare e fare approvare istanze storiche, prima con al Lega, poi con i DS. Quanto fastidio dessero i grillini all’establishement tradizionale dei partiti è dimostrato dalla cordata trasversale contro il movimento, dai giornali ai principali gruppi di potere.
E’ innegabile, comunque, che per quanto nobili siano le battaglie di 5 Stelle, non possono comunque considerarsi un partito di Sinistra. Crollato il velo di ipocrisia che permetteva ai DS di definirsi progressisti, sotto i colpi scuotenti del renzismo prima e di lettismo dopo, oggi la Sinistra si trova con un serio problema di rappresentanza, che non può essere frettolosamente liquidato come un affare interno al Partito Democratico, che, a nostro modo di vedere, ha da tempo abbandonato quella posizione.
Nè si può pensare che un cambio di leadership puro e semplice possa soddisfare un elettorato da tempo orfano di rappresentanza. Il nome del nuovo segretario deve essere per forza espressione di una frattura netta con il passato e dovrà rappresentare un partito finalmente libero da correnti. Con queste premesse, pur con tutto il rispetto verso la persona, non ci pare che Stefano Bonaccini sia l’uomo giusto: ottimo presidente di regione, non lo ricordiamo tra i più agguerriti oppositori di Matteo Renzi né di Enrico Letta, quando entrambi, da posizioni diverse si adoperavano per ripulirlo da ogni impronta di sinistra per farne ciò che è oggi. Anzi, dopo avere sostenuto nel 2012 la candidatura di Bersani, lo ricordiamo, l’anno successivo, fra i più ferventi sostenitori di Matteo Renzi alla segreteria del PD, di cui entrò a far parte, venendo poi nominato, dallo stesso Renzi, responsabile degli enti locali.
Diversa e meno coinvolta ci appare, allo stato, la posizione di Elly Schlein, che, in tempi non sospetti (2015) abbandonò il PD in chiaro dissenso con la politica portata avanti dall’allora segretario, Matteo Renzi, definita di Centro-Destra. La ricordiamo, inoltre, due anni prima, a capo del movimento occupyPD, ad occupare simbolicamente diverse sedi del PD, in segno di protesta contro l’affossamento – da parte dello stesso PD – della candidatura di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica. Nei confronti della Schlein è partita la solita cordata con intento distruttivo e questo da il segno di quanto sia considerata “pericolosa” da chi vorrebbe “cambiare tutto per non cambiare niente”. Temiamo, pertanto, che la tanto paventata metamorfosi del PD non ci sarà e che tutto procederà come prima, sotto una veste nuova. D’altra parte, bisogna riconoscere a Giorgia Meloni una coerenza di fondo nel perseguire politiche squisitamente di Destra, dall’affossamento delle misure di sostegno a chi è senza reddito, a tutta una serie di misura economiche e sociali in netta antitesi con la nostra idea di politica. Occuparsi dei più deboli, di chi sta indietro dovrebbe essere la vocazione principale di un partito di Sinistra. Un problema non irrilevante sarebbe, poi, la cosiddetta “Questine molare” che, di fatto, ha smesso di essere una priorità nelle agende politiche dai tempi di Berlinguer.
I primi segnali del nuovo corso del Nazareno non ci convincono per quanto abbiamo appena argomentato. Quella fetta considerevole di elettorato che da tempo diserta le urne perché non si sente rappresentata non avrà, pertanto, che due strade: continuare a tenersi fuori o “ricovrarsi sotto le ali” sempre più grandi del movimento di Giuseppe Conte, pagando lo scotto di un deficit identitario ma tant’è!
Massimo Conocchia