La Destra alla prova di una cultura di governo di alto profilo
I primi passi del neonato governo si alternano tra il pugno duro verso l’immigrazione e dei toni un po’ fuori dalle righe sotto il profilo meramente diplomatico, sia all’interno che all’estero.
All’atteggiamento rigido del ministro dell’Interno, la Francia ha risposto con altrettanta durezza, di fatto rigettando un accordo europeo sulle ripartizioni e rifiutandosi di accogliere alcune centinaia di migranti già pronti a lasciare il nostro Paese. Le Prime mosse, dunque, non appaiono tali né da stabilire un clima sereno con
gli altri Paesi né adeguati ai criteri minimali di rispetto delle regole basilari di confronto.
Il ministro Crosetto si esprime con termini che non gli fanno onore, etichettando con epiteti offensivi un ex Presidente del Consiglio oltre che uno dei principali leader dell’opposizione. Le scuse postume, dopo la pubblicazione del fuori onda, sono apparse come una patetica pezza, con gli immancabili attacchi ai giornalisti, rei di avere divulgato la cosa, come se il problema non fossero le sue parole ma l’incauta diffusione.
Una serie di atteggiamenti, misti tra un rambismo di maniera e un sostanziale scarso rispetto degli altri, che speravamo francamente di non rivedere. L’era del berlusconismo ci aveva abituato ad alcune intemperanze: chi non ricorda il terribile giudizio dell’allora ministro Scajola – quello, per intenderci a cui era stato intestato un appartamento di fronte al Colosseo, “a sua insaputa” – sul giuslavorista Marco Biagi, nell’immediatezza del suo assassinio, e che lo costrinsero a rassegnare le dimissioni.
Il presente Meloni è stata immortalata, durante il dibattito sulla fiducia alla Camera,
mentre si esprimeva con un labiale abbastanza chiaro su chi dall’opposizione le faceva notare che, su quei fondi del PNNR che si appresta a gestire, il suo partito in Europa si era espresso con un voto contrario e che, quindi, fosse dipeso da lei, non ci sarebbero stati. Il concetto di fondo è che le parole hanno sempre un senso e lo hanno a maggior ragione quando provengono da esponenti istituzionali.
Non staremo a riproporre la vecchia e stantia litania sul fascismo, che non appassiona più nessuno. Oltretutto non crediamo che l’attuale compagine di governo abbia intenzioni in tal senso. Certo alcune azioni e determinate espressioni pesano e contribuiscono a dare una prima immagine in chiaro scuro, che un po’ ci preoccupa. Senza contare le altrettanto improvvide dichiarazioni del Presidente del Senato a proposito dei festeggiamenti del XXV Aprile. A titolo personale, il senatore La Russa è ovviamente libero di non prendere parte a una celebrazione su cui si fonda il nostro attuale assetto democratico.
Come seconda carica dello Stato, certamente non può farlo. La nostra Costituzione – lo sa bene La Russa – è fondata sull’antifascismo e sui valori della Resistenza. Dire di non condividere e non prendere parte come rappresentante istituzionale a quella celebrazione lo troviamo oltraggioso nei confronti delle migliaia di morti, caduti per
garantire quell’assetto.
Il problema, oggi, non sta più nella Destra o nella Sinistra, specie di fronte all’ormai inarrestabile disfacimento del fronte progressista, ma nel rispetto delle regole basilari della dialettica politica e democratica. In Inghilterra si alternano da sempre un
blocco conservatore e uno laburista, che si muovono entrambi nello stesso ambito e nell’assoluta osservanza di principi fondamentali, mai messi in discussione. Ecco, ciò che la Destra italiana ha il dovere di dimostrare è la devota osservanza di principi di fondo che vanno dal rispetto dell’avversario al mantenimento di rapporti internazionali, certamente non di sudditanza ma nemmeno di mera e sterile esposizione di muscoli. Sui migranti esiste certamente un problema e l’Italia non
può essere lasciata sola a gestirlo. Il blocco navale, riteniamo, possa solo portare, come si è visto di recente, a un muro contro muro che non serve a nessuno, meno che mai a noi.
L’auspicio è quello di vedere una Destra di governo matura e rispettosa. Noi non l’abbiamo votata e non la voteremo mai. Così come riconosciamo il suo sacrosanto diritto di governare, sulla base di un indiscusso risultato elettorale, al contempo, ci aspettiamo di vedere un governo che rappresenti al meglio, secondo le sue legittime idee e programmi, e nella sua globalità, uno degli Stati fondatori dell’Unione Europea.
Massimo Conocchia