Un Paese a metà

Che l’Italia fosse divisa in due è cosa nota.

Storicamente, il divario tra il Nord ed il Sud della Penisola, differenza che ha occupato negli anni l’attività intellettuale di numerosi storici ed economisti, ponendo la “questione meridionale” come il primo dei problemi dello sviluppocomplessivo del Paese, ha generato fenomeni di forti diseguaglianze, accompagnati da vicende di disgregazione sociale ed economica.

Sicuramente, non è questa la sede per approfondire le cause di questo dramma, ma uno sguardo d’insieme è dovuto.

Secondo diversi studiosi, l’origine dell’attuale divario economico tra Nord e Sud sarebbe da ricercare nella esperienza comunale medievale, che avrebbe aiutato il primo a sviluppare un maggiore civismo e, quindi, mercati più competitivi e un’amministrazione più efficiente. L’ipotesi appare coerente con le altre spiegazioni del fenomeno: il maggiore potere delle élite latifondiste, la natura più marcatamente feudale e la maggiore arretratezza tecnologica che caratterizzava il Regno delle Due Sicilie rispetto agli altri stati preunitari.

Certo è che, nel tempo, l’insipiente incapacità amministrativa, accompagnata da un dilagante malcostume affaristico, sedimentato nelle prassi quotidiane dell’agire politico, ha contributo a generare la condizione attuale.

Ad oggi, il costante e drammatico esodo della popolazione meridionale non solo verso un Nord più ricco, ma anche all’estero, è arrivato sino al culmine offerto da un dato oramai incontrovertibile: è in atto lo spopolamento del Sud.

Su questo basta limitarsi a leggere i numeri.

Limitandoci alla Calabria, al 31 dicembre 2020, secondo la terza edizione del Censimento permanente della popolazione dell’Istat,la Regione contava 1.860.601 residenti, con una diminuzione rispetto all’anno 2019, di 33.509 unità.

Analizzando la ricerca è chiaro che, confrontando i dati della popolazione residente, qualora il trend dovesse continuare verso questa direzione, in difetto di adozione di serie, coordinate ed efficaci misure strutturali, economiche e sociali, di sviluppo, fra qualche anno la nostra Regione sarà un territorio vissuto prevalentemente da over 65. 

La percentuale di persone di età superiore a 65 anni è cresciuta, infatti, dal 17,1% del 1961, al 22,6% nel 2021. L’indice di vecchiaia per la Calabria è pari a 175, il che significa che ogni 175 anziani ci sono 100 giovani sino ai 14 anni. Il dato era pari a 102,6 circa un ventennio fa.

Le implicazioni dal punto di vista sociale, istituzionale e politico che comporta questo slittamento verso la sempre più forte incidenza degli anziani sono evidenti.

Secondo il “Rapporto sulla qualità della vita 2022” di Italia Oggi, il problema si è acuito, anche in conseguenza della pandemia, che in qualche misura ha inciso sulla struttura demografica, sia in termini di maggiore mortalità, conseguente all’esistenza nel sud di strutture sanitarie dotate di un minor grado di garanzia nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, sia in termini di trasferimenti in altri territori determinati dall’emergenza sanitaria.

L’immagine complessiva che affiora dallo studio, che ha messo a confronto le varie città e provincie dell’Italia utilizzando diversi parametri e criteri di analisi e valutazione, è quella di un Paese dove si registra una netta frattura tra un centro-nord che è riuscito con una maggiore resilienza a mitigare gli effetti pandemici, ed un sud dove emergono marcate aree di disagio sociale e personale.

Tutti i parametri collocano il centro-nord in alto nella classifica del “benessere”, con Trento che la fa da padrona, seguita da Bolzano, Bologna e Firenze, mentre tutto il sud scivola in basso nella classifica, con Siracusa e Crotone agli ultimi posti.

I numeri, come al solito, non mentono e dipingono un quadro allarmante.

Cosa bisogna aspettarsi per il futuro.

Il PNNR, accompagnato da concomitanti politiche di governo per lo sviluppo del meridione, è un’occasione unica quanto irrepetibile.

Dipenderà da chi dovrà gestire le risorse riuscire ad allocarle con misure efficaci, strutturali e di durata.

All’esito del lungo processo di programmazione, i risultati si misureranno ed anche in questo caso i numeri non mentiranno e sapranno dare conto su quanto capace sia stata l’azione amministrativa, a tutti i livelli di governo e soprattutto a quello locale, nel superare quelle divergenze d’area ancora in atto, aggravate da fenomeni di crisi come quella pandemica che ha generato l’attuale tracollo.

Angelo Montalto  

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