Misterioso assassinio e testimonianza di Francesco Sprovieri
Il 6 febbraio 1875, Raffaele Sonzogno, direttore del giornale La Capitale, che aveva sede in Roma, in Via Cesarini, era solo nel suo ufficio. Uno sconosciuto entra e gli vibra una pugnalata. Egli afferra il sicario che, per liberarsi, vibra altri colpi di pugnale. Alla fine Sonzogno stramazza a terra. Ha la forza di dire al rag. Luigi Maracci giunto in soccorso: “Luigi mi hanno assassinato”.
L’assassino scappa tra la folla, ma è fermato. Era tal Pio Frezza, falegname di Trastevere. Si proclamò subito innocente.
Si procedette ad arresti. Si diede il via al processo, nel quale sono imputati Luciani e Frezza, coimputati: Armati, Scarpetti, Morelli e Farina.
Nel processo s’intrecciano passioni private e politiche. Tutto, comunque, appariva avvolto in un alone di mistero.
Il movente era politico? Chi ne scrisse precisava “sembra di no”. “Passione privata? Neppure”.
Si faceva rilevare: “Certamente la mano dell’assassino Frezza era stata armata da un’altra”.
- Da chi? -, si chiedeva la gente.
Giuseppe Luciani, ex deputato, era amico di Sonzogno e fu collaboratore del giornale La Capitale. L’amicizia “durò – si scrive su un giornale – costante per parecchi anni, finché si ruppe violentemente quando il Sonzogno venne in sospetto che l’amico gli contrastasse l’affetto della consorte. Sonzogno perdette allora la compagnia di una sposa giovane e bella, la quale lasciò il soggiorno di Roma, per ritirarsi a Como, presso la sua famiglia. D’allora in poi fra i due antichi amici sorse un rancore tenace e profondo”.
Movente passionale, allora? Vi era dell’altro.
Nelle elezioni politiche del 1874 Luciano era candidato e Sonzogno, sul suo giornale, gli sferrò una campagna contro. Come si vede i motivi erano duplici.
Si ascoltano i vari testimoni.
Un cronista scrive: “Un’altra deposizione, che fece una certa impressione, fu quella del colonnello del distretto Francesco Sprovieri, che apparve all’udienza in alta tenuta, come i regolamenti prescrivono e col petto pieno di croci e di medaglie. Lo Sprovieri ebbe, nel 1866, nella guerra del Tirolo, sotto i suoi ordini, il Luciani, che in quella occasione si guadagnò la medaglia al valor militare.
Un giorno si portò in una certa esplorazione il Luciani. Fioccavano le granate. Ne cadde una, dice il teste, tra me e Luciani: lo guardai egli non si mosse e non batté ciglio. Compresi che oltre ad avere un grande coraggio, era dotato anche di gran sangue freddo. Gli affidai in seguito varie missioni delicate e pericolose. Ne ammirai al fuoco il coraggio e l’intelligenza. Lo proposi ufficiale ed ottenni per lui la medaglia al valor militare, della quale lo credetti, e tuttavia lo credo degnissimo”.
La sentenza fu: “Il Frezza come autore di assassinio, cioè d’omicidio volontario con premeditazione, commesso in Roma la sera del 6 febbraio 1875, in persona di Raffaele Sonzogno.
Il Luciani, l’Armati, il Morelli ed il Farina, come agenti principali in detto reato, per avere con disegno, precedentemente formato con promesse ed artifizi colpevoli, usati da uno verso l’altro indotto il Frezza a commetterlo.
E lo Scarpetti come complice nel reato medesimo, per avere somministrato l’arma omicida”.
Giuseppe Abbruzzo