Mamma, li turchi!
L’espressione: – Mamma, li turchi! – è usata per sottolineare qualcosa di pauroso, di minaccioso, ecc. Essa ha origine dallo sbarco dei Turchi sulle nostre coste e dal loro fare razzia e sequestrare cittadini.
In un documento, pubblicato dall’amico scomparso di recente, Rosario D’Alessandro, si legge del riscatto da pagare, per liberare un Acritano finito nelle mani dei Turchi.
Si dirà, ma Acri è nell’interno e quei “pirati” sbarcavano sulle coste. Va tenuto presente, però, che i nostri concittadini si spingevano, per motivi di lavoro, in zone costiere.
A segnalare l’arrivo di imbarcazioni turche, furono erette torri costiere che, ancora oggi, è possibile vedere.
Da tutto questo diviene chiaro il canto popolare:
Allerta! Allerta! Ch’ ‘a campana sona:
li Turchi su’ calat’ alla marina;
chin’ha li scarpi rutti si li sola,
ch’ ‘un ha paura de pigliari spini.
E tannu, Briccu mia, ti pigli ‘u pani,
quannu spara tri botti lu cannuni!
L’allerta era dato al suono di campana, che invitava a rifugiarsi sui monti, per sfuggire alla cattura. La fine del pericolo era segnalata con tre colpi di cannone.
È da notare come canti, detti, racconti, in una parola la Cultura popolare ci richiami momenti e fatti della nostra Storia.
Il Pitrè riporta varianti siciliane di questo canto di allarme, cosa che testimonia la conoscenza del canto in tutto il regno di Napoli o quasi. E il demologo commenta: “La difesa non è pronta, non valida la resistenza, qualche bella giovane è il bottino del temerario assalto: e poi pianga pure a sua posta, bestemmii i feroci rapitori chi di lei avea ottenuto la mano”.
Non sappiamo se il nostro concittadino sequestrato fu riscattato o meno. Se ottenne la libertà; se sciolse un canto per la sua amata.
Pitrè ci tramanda quello di un siciliano:
Un jornu la me casa, amara mia,
Filici a Rosa, ed io a Filici amava.
Mi desi iddu lu cori, e io l’arma mia,
Notti e jornu Filici addisiava.
Lu chiancii mortu, lu trovu ‘n Turchia,
Ca li catini soi di chiantu lava.
Filici tirminau d’essiri Elia
Ora ca la Sultana è la so scava.
La nota ballata di Donna Candia s’inquadra nelle incursioni turchesche, alla cui “debellazione” va ricondotta la campagna contro i Turchi condotta da Carlo V nel 1534, conclusa con la sconfitta di Solimano II.
Giuseppe Abbruzzo