Qualcosa sul Palazzo Sanseverino e sul De Sangro
Chi ha avuto la bontà di leggere il mio saggio su Palazzo Sanseverino, in Acri, ricorderà dell’ipotesi di simboli esoterici nel dipinto dei locali a piano terra e della guarigione prodigiosa di Luigi Sanseverino ad opera del Principe di Sansevero, suo congiunto. Or abbiamo alcune notizie, che comunichiamo agli appassionati.
Luigi Sanseverino apparteneva ai Liberi Muratori, come il De Sangro, meglio noto come Principe di San Severo.
Quei simboli del dipinto vi hanno qualche attinenza?
Sulla guarigione, apprendiamo dallo stesso Principe di S. Severo.
Riassumiamo brevemente: Luigi Sanseverino nel 1746 soffriva di ulcera gastrica sanguinante, con dolori lancinanti. A metà giugno i medici dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli diagnosticarono “gangrena callosa” e male “invero raro e sconosciuto ai medici”. Era un probabile carcinoma e lo diedero per spacciato. Il Principe di Sansevero suggerì la seguente terapia: somministrare per trenta giorni “estratto di pervinca più fiate bollito”.
Si tramanda che Luigi Sanseverino perse i capelli e continuò a soffrire, ma poi guarì.
Come si ricorderà, nel citato saggio, si faceva riferimento, in una lettera, ad altra guarigione. Ecco come ne scrive lo stesso De Sangro: “Lo stesso portentoso avvenimento si è poi rinnovato [ndr. Il riferimento è alla guarigione di Luigi Sanseverino] mesi sono, in Roma in persona del signor Filippo Garlini, di cui regolò per lettere la cura a’ prieghi del medesimo già disperato infermo, al quale giunta pur era la strepitosa fama delle straordinarie guarigioni da lui operate”.
Non meravigli tutto questo, perché è sbalorditivo quanto si riporta sull’ultimo esperimento provato sulla sua persona: morire per rinascere. Incredibile e impossibile, ma sbalordì anche in questo.
De Sangro preparò un sarcofago e diede istruzioni sul processo al “servo moro”: assunta la posizione l’anzidetto doveva fare a pezzi le sue membra e chiuderle nel sarcofago, per un determinato periodo di tempo. Nessuno avrebbe dovuto aprirlo prima della scadenza stabilita.
De Sangro trangugiò l’infuso. Morì. Il servo, come stabilito, tagliò il corpo in più pezzi e lo rinserrò nella cassa.
I parenti del De Sangro credevano che lì dentro vi fosse nascosto un tesoro e cercarono di forzare il sarcofago, malgrado le vibrate proteste del servitore.
Si racconta che, aperto il sarcofago, il busto del Principe De Sangro si alzò di scatto. Il tempo stabilito, però, non era passato. Dopo un attimo di vita, il Principe aprì gli occhi, emise un urlo inumano, si accasciò e finì in pezzi.
Incredibile, fantastico, impossibile? Non lo sappiamo, ma il racconto fa parte della vita di un personaggio fantastico.
A noi basta aver dato qualche altra indicazione su aspetti collegati al Palazzo e ai due Principi.
Giuseppe Abbruzzo