Enrico Letta e il sogno infranto di un partito progressista
I risultati elettorali consegnano un messaggio netto degli elettori e una schiacciante vittoria di Giorgia Meloni, che si è trascinata inevitabilmente ciò che resta di una coalizione che, nei fatti è composta in prevalenza da FdI, essendo le altre due forze uscite abbastanza ridimensionate dalle urne. Onore, quindi, a chi ha vinto e avrà oggi la non facile responsabilità di scelte difficili.
Ciò premesso, veniamo a un’analisi più approfondita dei dati elettorali, che contengono in sé dati allarmanti e ampiamente prevedibili – come in effetti previsti – sulla base di scelte scellerate dell’altro schieramento, che hanno, di fatto, reso assai facile il compito della leader di FdI.
Chi avrebbe dovuto trainare lo schieramento di centro-sinistra ha di fatto consegnato anzitempo il Paese alla destra, attraverso una serie infinita di errori e sottovalutazioni che non potevano che portare a quel risultato. Abbiamo più volte scritto di come il PD si fosse allontanato da tempo dal progetto originario di essere la casa dei progressisti italiani, attraverso scelte e politiche che, ben lungi dal guardare alle fasce più deboli della società, si connotavano per una politica che di Sinistra aveva ben poco. Tre sono, in definitiva, le caratteristiche che permettono di definire un movimento come di Sinistra: 1) il welfare e particolarmente la difesa di coloro che vivono al di sotto dei livelli minimi di sussistenza; 3) l’ambiente, attraverso politiche atte, non solo a guardare al contingente, ma a salvaguardare l’ambiente, memori del fatto che questa terra l’abbiamo in prestito da chi ci ha preceduto e avremmo l’obbligo di lasciarla in condizioni decenti a chi ci seguirà; 4) un pacifismo non di facciata ma sostanziale che deve vedere i governi impegnati in un politica di mediazione per la pace, che certamente non si persegue attraverso una delega in bianco pretesa dal Parlamento, a mezzo della quale si possano senza limiti inviare armi a una delle parti in causa. Da premettere che la nostra condanna dell’invasione Russa dell’Ucraina è ferma, così come la condivisione della necessità di un costante e continuo corridoio di aiuti a quel popolo.
Se è vero, come è vero, che quelli appena enunciati sono in cardini su cui dovrebbe poggiare qualsiasi movimento che si professi di Sinistra, andiamo ad analizzare la posizione tenuta nell’ultimo anno dal partito del Nazareno. Il PD si è concentrato e appiattito, in tutto e per tutto, sulla cosiddetta agenda Draghi che, com’è noto, prevedeva il contrario di quei principi appena enunciati. Di fronte alla protervia dell’attuale Presidente del Consiglio, che alla richiesta di verifica programmatica da parte di Conte, ha risposto in maniera sprezzante e irrispettosa, il PD ha sostenuto in pieno la posizione di Draghi e si è allontanato da quel progetto di “campo largo” che pure aveva per tempo teorizzato. Così facendo ha affrontato una campagna elettorale del tutto appiattita sull’agenda Draghi, lasciando tematiche che avrebbero dovuto appartenergli per DNA a Giuseppe Conte, che, contrariamente a quanto tutti gli analisti avevo profetizzato, si è rivelato non solo un ottimo Presidente del Consiglio ma anche uno straordinario stratega politico che ha fatto proprie le istanze delle fasce più deboli, sottraendo consensi, giustamente, a chi aveva cambiato progetto politico e strategia. Il risultato è stato che i 5 Stelle, pur avendo contro la stragrande maggioranza dei media, sono riusciti a penetrare raggiungendo un risultato straordinario, sottraendo consensi proprio al PD. Sul piano più squisitamente di strategia elettorale, Enrico Letta si è limitato a battere su un tema ormai stantio, il fascismo e il pericolo di una Destra autoritaria e antieuropeista, che ha finito per rivelarsi un boomerang. Quanto al cosiddetto Terzo polo, in realtà, si è rivelato sesto, ben lontano dalla preannunciata doppia cifra. Calenda ha avuto un senso in questa campagna elettorale solo come bombola d’ossigeno e taxi per Matteo Renzi, che è riuscito in tal modo a garantire per sé stesso e i suoi fedelissimi ciò che da solo non avrebbe mai raggiunto, ossia l’ingresso in parlamento.
Il responso elettorale consegna, inoltre, un altro messaggio chiaro: sono state premiate le uniche due forze che si opponevano alla politica di Mario Draghi, ossia Fratelli d’Italia (forza di opposizione) e 5 Stelle, che avevano determinato la caduta del governo uscente.
La sfida che si apre oggi si giocherà su due tavoli: da una parte una forza di governo che si dimostri in grado di districare i non facili nodi che si troverà di fronte; dall’altra una opposizione che persegua e porti avanti la tutela di chi sta indietro.
Non neghiamo che il nostro scetticismo sul primo aspetto è notevole, mentre sul secondo riteniamo aperta la sfida e siamo pronti a scommettere su come finirà.
Massimo Conocchia