Relazioni interpersonali e pandemia
La stagione che stiamo ancora vivendo ha imposto una serie di modifiche delle nostre abitudini di vita, sia nella sfera pubblica che in quella privata. Di colpo, molte attività sono state stravolte e il nostro modo di approcciarci all’altro è, forse, cambiato definitivamente. Uno degli aspetti di questa metamorfosi riguarda senza dubbio l’aspetto relazionale in tutti i settori. Particolarmente significativo e il modo in cui, specie nella fase acuta della pandemia, è cambiato il rapporto medico-paziente. Si tratta, storicamente, di una relazione biunivoca nella quale la comunicazione è parte integrante di un processo. Il termine comunicazione è stato usato volutamente e va nettamente distinto da quello di informazione: queste due parole non sono sinonimi. L’informazione è un processo unidirezionale, nel quale c’è uno che fornisce dati e notizie e un altro che le recepisce. La comunicazione è un processo dinamico all’interno del quale due figure – nel nostro esempio il medico e il paziente – interagiscono. Tra queste due figure deve per forza instaurarsi un rapporto di fiducia basato su una relazione, che, ribadiamo, è parte integrante del processo di cura. Con l’emergenza pandemica tutto è improvvisamente cambiato: il rapporto tra medico e paziente è stato influenzato dalla drammaticità di un evento imprevisto e di fronte al quale eravamo, specie nella fase iniziale, francamente impreparati. Il Covid ha assorbito, nel primo anno soprattutto, la maggior parte delle energie di un sistema già provato da tagli e ridimensionamenti e il rapporto medico paziente è stato ridotto all’essenziale, spesso a notizie scarne. Molti pazienti affetti da patologie croniche o oncologiche – o in attesa di chirurgia in elezione – si sono visti improvvisamente ridotti spazi e attenzioni. Né si poteva fare diversamente. Gli stessi malati di Covid, per la situazione emergenziale e l’elevato numero di coloro che richiedevano assistenza, sono stati oggetto di attenzioni non esclusive come la drammaticità della situazione avrebbe richiesto. “Primum vivere, deinde philosophari” recitava un antico aforisma, sempre attuale. Gli stessi rapporti con i familiari risentivano del poco tempo e della difficoltà di un approccio diretto, spesso mediato. Sul territorio le cose non andavano certamente meglio. I medici di base sono stati costretti a filtrare gli appuntamenti e gli accessi diretti all’ambulatorio, così come le visite domiciliari sono state affrontate, ovviamente, sulla base di una scala di priorità. Una situazione di guerra, insomma, nella quale, assai spesso, ci si è trovati di fronte a scelte non facili, dettate da una contingenza terribile e dallo squilibrio tra pazienti e strutture. In un simile contesto il rapporto medico-paziente è drammaticamente e radicalmente cambiato: la comunicazione è stata necessariamente sostituita dall’informazione stringata ed essenziale, come la situazione imponeva. A farne le spese non sono stati solo i malati di Covid ma quelle decine di migliaia di soggetti in attesa di cure e che si sono visti risicati spazi e attenzioni. Si tratta, oggi, di riprendere le fila di un dialogo quanto mai necessario e senza il quale il processo di cura risulta monco. L’aderenza alla terapia passa anche – diremmo soprattutto – da una relazione di fiducia del paziente nei confronti del medico. La fiducia si costruisce con una relazione interpersonale che rimetta al centro il malato nella sua individualità e non la malattia. La sfida per il futuro, specie per i meno giovani come noi, è quella di affinare nuove metodologie relazionali, come la telemedicina ad esempio, che permettano al medico di gestire al meglio le varie situazioni e al paziente di avere di fronte una figura con la quale interagire, anche se a distanza. Questa potrebbe essere una strada in grado di ricostruire una nuova relazione e al tempo stesso permettere al professionista di gestire meglio il proprio lavoro in tutti i casi nei quali non è necessario un approccio diretto come nel caso di pazienti cronici e ben noti.
Massimo Conocchia