Ritorno e prime volte

Una recente indagine di “Tuttoscuola” riporta che sono tornati in classe in Italia 8.016.288 alunni, di cui 7.300.014 iscritti in scuole statali e 716.274 nelle scuole paritarie (dalla rilevazione sono escluse Trentino e Valle d’Aosta che non hanno partecipato alla rilevazione).  10 anni fa erano intorno a 8.874.599, di cui 7.858.077 nelle statali e 1.016.522 nelle paritarie.

La causa della flessione è nel calo demografico della popolazione del nostro Paese. In 10 anni c’è stato un calo di 858.311 alunni, un decremento importante come se fosse scomparsa una piccola regione d’Italia.

Secondo i dati provvisori delle indagini ISTAT nel primo trimestre 2022 il calo raggiunge il suo massimo (-11,9% rispetto allo stesso mese del 2021). Nel sud il calo è maggiore.

Come afferma in una intervista la sociologia della famiglia Antonietta Censi, in Italia ci vuole un grande coraggio per diventare madri, un mondo di ragazze destinate alla precarietà o con il rischio di perdere il lavoro non appena si resta incinte. Il fenomeno oggi è più evidente, nascono meno bambini anche perché sono diminuite le donne in età fertile. Per un certo periodo il calo era attenuato dai parti delle donne immigrate ma oggi anche loro fanno meno figli. Altri paesi hanno invertito la rotta, la Svezia, dove si era registrato un calo demografico grazie al sostegno economico e alle cure parentali si è tornati a un tasso di natalità elevato. Sono stati fatti grandi investimenti sulle politiche della famiglia incentivando i congedi di maternità e anche di paternità, riducendo drasticamente i costi degli asili nido. Di tutto questo nessuna traccia in Italia che per la famiglia spende solo l’1,9% contro il 3,5 di paesi come la Gran Bretagna e la Danimarca. In Germania, ad esempio, continua nell’intervista la sociologa, una coppia con figlio riceve un sostegno mensile di 200 euro, nel nostro paese si da vai 137 ai 50 euro e anche meno. Un paese sempre più anziano e senza ricambio generazionale. I giovani non si sentono tutelati e temono che la scelta di avere un figlio possa ulteriormente impoverirli. Un paese con tanti nonni senza più nipoti.

La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze che sono tornati a scuole le troviamo oggi nella secondaria di secondo grado (2.729.852), segue poi la primaria con 2.370.989 di bambini e bambine); seguono poi 1.633.878 ragazzi delle “medie” e infine alla scuola dell’infanzia gli iscritti sono 841.521. Alle superiori troviamo il 51% degli studenti e delle studentesse; il 31,8% sono ai tecnici e solo il 17,1% ai professionali.

I numeri parlano, negli anni torneranno a scuola sempre meno studenti, le previsioni indicano che entro il 2033 ci saranno 1,4 milioni di studenti in meno e quindi anche meno cattedre disponibili.

Le politiche per aumentare le nascite ci sarebbero: lavoro più stabile per le donne; incremento del concedo parentale maschile, come in molti paesi europei; incremento di asili nido pubblici; maggiore sostegno economico alle famiglie. Uno Stato democratico potrebbe farlo. Temo però che i risultati delle prossime elezioni non porteranno decisioni in questa direzione. Per invertire la rotta possiamo contare sui giovani che voteranno per la prima volta? Sono quasi un milione e mezzo gli elettori under 23 chiamati al voto. Alcuni di loro hanno 23, altri, invece, sono neo-diciottenni in odore di maturità. Per quanto riguarda la Calabria peseranno l’8,7% sul totale degli aventi diritto al voto, contando quasi 129 mila elettori in più. Una tendenza con percentuali che sono al di sopra delle media nazionale. L’Italia non è (ancora) un paese per giovani ma in questo caso potrebbero contare. Le scelte che potranno influire sul futuro demografico della scuola potrà dipendere anche da questa loro prima volta alle urne.

Assunta Viteritti

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