La fine della pandemia?

In un recente intervento, il Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha affermato che mai come in questo momento la fine della pandemia da Covid 19 risulta vicina.

A livello globale, secondo l’ultimo bollettino epidemiologico, il numero di nuovi casi settimanali è diminuito del 28% durante la settimana dal 5 all’11 settembre 2022, registrando 3,1 milioni di nuove infezioni.

I nuovi decessi settimanali sono diminuiti, invece, del 22% rispetto alla settimana precedente, con poco meno di 11.000 decessi segnalati. 

Questo quadro, secondo la massima organizzazione sanitaria internazionale, permette di immaginare di poter porre fine a questa drammatica esperienza.

I dati su scala mondiale sono impressionanti.

Al 15 settembre 2022, i casi di contagio accertati a livello globale sono stati 607.745.726, con 6.498.747 morti.

Sono numeri di una vera e propria guerra, di un conflitto che abbiamo combattuto tutti, sottoponendoci a privazioni delle nostre libertà fondamentali, qualcuno piangendo la morte dei suoi cari, subendo conseguenze in termini economici enormi.

Dal punto di vista economico, la pandemia ha generato la crisi globale più grande dell’ultimo secolo.

Ha acuito le diseguaglianze sociali, ha fatto scivolare verso il basso, in termini reddituali, vaste fasce della popolazione, ha creato milioni di nuovi disoccupati, ha conosciuto un cambio nei comportamenti da parte dei consumatori che hanno mutato le regole di mercato, mettendo in difficoltà le economie mondiali, soprattutto quelle dei Paesi in via di sviluppo, che hanno visto esacerbare le loro condizioni già precarie ed instabili.

A questo shock, le varie Nazioni hanno cercato di reagire per limitarne le conseguenze negative, con l’adozione di politiche e misure diverse tra loro, immettendo liquidità finanziaria, supportando monetariamente cittadini ed imprese, ricorrendo ad un sostanzioso indebitamento pubblico.

Oggi è presto per affermare, in termini strutturali, se ed in quale misura, questi strumenti abbiano funzionato.

I fenomeni macroeconomici hanno necessità di tempi adeguati per la verifica degli effetti delle azioni decise e realizzate.

Cosa rimane ad oggi.

La pandemia ha rivelato, qualora ve ne fosse stato ulteriormente bisogno, che la globalizzazione produce, con una capacità di diffusione rapida e permeabile, effetti allargati dei fenomeni sanitari ed economici.

Ha attestato che l’interconnessione dei sistemi necessita di risposte politiche e delle Istituzioni, nazionali ed internazionali, coordinate, immediate ed organiche e che, un ritardo nell’adozione di contromisure adeguate, genera ricadute negative generalizzate, diffuse ed incontrollate per le quali, in termini sostanziali, a pagare sono sempre i più deboli, sprovvisti delle adeguate tutele.

Sono temi questi, evidentemente, di un’importanza vitale, che dovrebbero essere affrontati dagli Stati e dalle Organizzazioni internazionali, con la dovuta consapevolezza ad attenzione, nell’obiettivo primario di rispondere, globalmente ed insieme, a problemi e sfide di portata epocale.

Ho la sensazione, ed immagino di non sbagliare, che purtroppo, nello stato attuale, nostro malgrado, i poteri politici siano impegnati non a costruire un mondo migliore, ma rimediare ai danni economici, ambientali e sociali prodotti da un sistema perverso che ha messo al centro del suo interesse, da tempo immemore, non l’uomo ma il suo esclusivo interesse monetario.

Credo, nella sostanza, che solo un reale cambio del paradigma di azione politica nazionale ed internazionale, con la cosciente adozione degli strumenti adatti, potrà evitare i rischi globali che sistematicamente emergono nello scenario mondiale.

In loro mancanza, presumibilmente, nuove pandemie, sanitarie ed economiche, si paleseranno all’orizzonte.

Angelo Montalto

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