L’alba di un nuovo giorno o un triste remake?
A meno di due settimane dal voto, mentre tutti i sondaggi, impietosamente, continuano a dare una differenza di poco meno di 20 punti percentuali tra i due schieramenti, la campagna elettorale in fieri permette di rilevare alcuni segnali per nulla piacevoli. L’onorevole Crosetto ipotizza larghe intese dopo il voto e c’è chi chiama in causa come futuro premier l’attuale, ossia Mario Draghi la cui larga maggioranza è implosa sotto i colpi delle contraddizioni dei vari schieramenti e per le incoerenze di un governo che, mentre si accingeva a distruggere quelle misure di welfare da poco introdotte, pretendeva di farlo col consenso di quella forza che quelle misure aveva introdotto e fortemente volute come elemento identitario del suo agire.
Il PD perde punti percentuali e, stando alle ultime rilevazioni, sarebbe 3 punti sotto FdI. Allarmante risulta, poi, ai nostri occhi una recente rilevazione secondo la quale il principale partito di centro-sinistra è votato e sostenuto dai redditi alti, ossia da coloro che guadagnano da 4.000 a 5.000 euro al mese, mentre operai e fasce sociali più deboli non si identificano più in quella forza. Enrico Letta, sempre più spaesato, si appresta ad assistere alla debacle, ormai rassegnato. Sintomatico di uno sato politico confusionale è la recente invettiva – sacrosanta – contro la “legge elettorale peggiore di sempre”. Peccato non avere considerato che quella legge è stata voluta e imposta dal PD a colpi di fiducia allo scopo di frenare l’ascesa dei 5 stelle. Un minimo di autocritica non avrebbe guastato, perlomeno in termini di immagine.
I temi sociali e di pubblico interesse sono stati i grandi assenti: la sanità è assurta agli onori delle cronache dopo che un candidato di centro-destra, espressione del mondo dello sport, ha impudentemente sostenuto la necessità di incrementare i fondi allo sport, togliendoli proprio dalla sanità. Il RdC, al di fuori dei cinque stelle, viene evocato più che altro come misura da abolire più che come sostegno necessario per le fasce più deboli. Una sorta di crociata di chi sta bene contro che fa fatica a sopravvivere. Alle nostre latitudini il silenzio è assordante, specie su temi come infrastrutture, lavoro, legalità e sanità. La sicurezza dell’elezione dei primi classificati e le scarse prospettive di chi si trova in posizione non elegibile hanno tolto stimoli e interessi, mentre il Paese, in una situazione drammatica soprattutto per la crisi energetica e i costi legati alla produzione, versa in uno stato delicatissimo, la cui risoluzione impone scelte chiare da parte di un governo forte, capace e autorevole. Stando a quanto si prospetta, i prossimi mesi e anni saranno non facili. Le ricette proposte appaiono pasticciate, confuse e contraddittorie. L’Italia, come due esperienze di governi tecnici in 10 anni hanno dimostrato, è un Paese sorvegliato speciale, la cui sovranità non appartiene solo al popolo, che peraltro la esercita in maniera limitata, ma a forze sovranazionali in grado di imporre cambi di rotta e di gestione, i cui effetti finiranno per riversarsi verso le forze produttive e le fasce sociali più deboli, ai quali, com’è storicamente dimostrato, verranno chiesti i sacrifici maggiori.
Massimo Conocchia