Scuola e mafie

Si tratta di due parole distanti e già solo accostarle è molto sgradevole. Le mafie indicano organizzazioni e comportamenti criminali che si reggono sull’omertà, su legami economici distorti e sulla difesa degli interessi privati nello spazio pubblico. Obiettivo principale delle mafie è il controllo clientelare e criminale del potere sui territori e sulle sue risorse con qualunque mezzo e per qualunque scopo. La scuola insegna il senso civico e il rispetto degli altri, la mafia distrugge questi valori e propone controvalori quotidiani. Se la scuola punta a migliorare la qualità di vita di tutti e tutte, le mafie sostengono invece gli interessi di pochi. La scuola insegna la legalità, la giustizia, la libertà, il rispetto, l’uguaglianza, il coraggio, l’affermazione dei diritti e la convivenza. La mafia si combatte allora prima con la Scuola e poi con la Polizia. La mafia propone in modo subdolo e prepotente modelli culturali ambigui, sporchi, auto interessati, clientelari, razzisti, maschilisti, prepotenti e assassini. La scuola è per sua natura esattamente l’opposto. È allora qui che inizia la lotta alle mafie, a scuola si deve parlare di mafie, di ‘ndrangheta, delle famiglie ‘ndranghetiste, di come si formano i clan sui territori, delle donne di ‘ndrangheta che provano a dissociarsi dai legami di sangue mafiosi. La Calabria è culturalmente malata di atteggiamenti mafiosi, clientelari, auto interessati, privatistici e perciò antisociali. La scuola in Calabria ha una responsabilità ancora maggiore nella lotta culturale alla mafia, alla ‘ndrangheta. Non servono insegnanti coraggiosi o eroi ma semplicemente insegnanti che si sentono cittadini attivi, capaci di interpretare il presente; servono comunità locali unite, compatte, capaci di riconoscere nella lotta ai comportamenti criminali un obiettivo prioritario. Mantenere la democrazia tutti i giorni, questo il compito degli insegnanti e della scuola, ovunque ma in Calabria in particolar modo.

Per un decalogo che le scuole dovrebbero coltivare ogni giorno prendo in prestito le 10 mosse indicate da Paolo Lattanzio, Deputato e Presidente del XX Comitato per la prevenzione e la repressione delle attività predatorie della criminalità nella Commissione Bicamerale Antimafia.

Primo passo: Informare. La mafia si nutre dell’assenza di informazione. Bisogna allora raccontare, creare occasioni di condivisione di idee e di dati intorno all’economia del proprio territorio, ai traffici illeciti presenti, alle dinamiche sociali di reclutamento e alle forme di violenza agite sul territorio. Informare ed essere informati significa al tempo stesso contrastare le mafie e promuovere la democrazia.

Secondo passo: Scegliere. Bisogna votare con consapevolezza, alimentare il dibattito pubblico e vigilare sulla trasparenza della pubblica amministrazione. La mafia controlla prima i piccoli territori in modo continuativo e persistente, la scuola deve educare a questa consapevolezza.

Terzo passo: Comprare responsabilmente. Il cambiamento di gestione di negozi, la merce contraffatta, i prezzi ribassati, sono campanelli di allarme di infiltrazioni delle cosche nella vita quotidiana. Scegliere dove e come spendere i propri soldi, sostenendo le attività che hanno piena legalità in tutta la loro filiera è un gesto per reinserire il profitto nel circuito legale.

Quarto passo: Studiare. Contrastare la povertà educativa è un passaggio essenziale per togliere manovalanza e appartenenza culturale alla criminalità organizzata. I docenti sono chiamati all’azione e alla militanza antimafia, gli studenti a esigerla. Ogni studente che perdiamo è un regalo alle mafie.

Quinto passo: Non accettare scorciatoie. Le mafie sono fenomeni complessi che si avvalgono di scorciatoie comode.  Succede spesso di trovare qualcuno che ti promette una raccomandazione, un favore. Quella che può sembrare una pratica innocente è un vero e proprio regalo alle mafie che si nutrono della banalità del malcostume.

Sesto passo: Scegliere sempre la via legale. Un settore controllato dalle mafie è quello del gioco. Attratti da guadagni facili, alle vincite esorbitanti, evitare il gioco d’azzardo e le piattaforme online di gaming nei centri scommesse. I soldi in questi luoghi sono un bancomat per le mafie che riciclano e reinvestito in droga e armi.

Settimo passo: Essere professionisti con etica. Ci sono alcune professioni sensibili come i commercialisti, i notai, i direttori di banca, gli imprenditori: loro possono fare molto. Coltivare correttezza etica nello svolgimento della propria professione, denunciare i tentativi di riciclaggio, le scorciatoie e le vie dell’illegalità bancaria.

Ottavo passo: Comunicare in maniera etica e con responsabilità. Le mafie si nutrono di silenzi e di non detti. Bisogna mettere la lotta alla mafia al centro del dibattito pubblico, comunitario e interpersonale.

Nono passo: Costruire reti e legami. Bisogna mantenere saldi i legami social sani, unire le competenze, far dialogare i saperi e costruire uno spazio condiviso. Le mafie si rafforzano laddove la sfiducia verso le istituzioni e verso gli altri produce vuoti di potere e di relazioni. Dobbiamo salvaguardare in tutti i modi la costruzione continua dello spazio pubblico.

Decimo passo: Non smettere mai di essere curiosi. Essere curioso nella lotta quotidiana contro le mafie significa non fermarsi alle verità preconfezionate, non accettare la superficialità.

Per parlare di ‘ndrangheta a scuola suggerisco due film recenti: “A Chiara” (https://www.mymovies.it/film/2021/a-chiara/) e “Una Femmina” (https://www.mymovies.it/film/2022/una-femmina/). Due film potenti dove due giovani donne, seppure nel dolore, fanno la differenza.

Assunta Viteritti

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