Il Pd e quella tentazione veterodemocristiana mai sopita

Osservare ciò che è diventato oggi il Partito Democratico è impressionante. Nato come partito progressista, fondendo l’ala di Sinistra della Democrazia Cristiana con i diretti discendenti del Partito Comunista Italiano, avrebbero dovuto, nelle intenzioni originarie, rappresentare la casa dei progressisti italiani, saldamente ancorata alla più consistente socialdemocrazia europea. In realtà, negli anni, la metamorfosi è stata tale che l’odierno prodotto diverge totalmente dal concetto iniziale, finendo per rappresentare una forza moderata con tendenze conservatrici e un progressivo strabismo verso destra. Trovare conferme e prove a questa deriva è assai semplice, a cominciare dalla composizione e della struttura di quel partito. Riguardo alla composizione, sarebbe arduo, oggi, riuscire a trovare qualche autorevole rappresentante dell’ala progressista (ex DS), essendo stati messi alla porta in seguito all’avvento del renzismo, che è stato il preludio alla definitiva dissoluzione della componente di sinistra. Gli esponenti di quella cultura sono stati costretti a riparare sotto le non “grandi ali” della sinistra radicale per non seguire la deludente metamorfosi centrista e moderata dei democratici. Non a caso, Renzi e Letta hanno una storia e un passato che non ha nulla a che vedere con la sinistra. Tutto ciò premesso, ascoltare il discorso introduttivo del segretario alla riunione del direttivo di qualche giorno fa, è stato ulteriormente umiliante per chi si aspettava di conoscere delle linee programmatiche di un partito cosiddetto progressista. Letta, mentre sbatteva la porta in faccia ai Cinque Stelle e a loro programma di interventi a sostegno delle fasce più deboli (vedi reddito di cittadinanza) e per l’ambiente, esaltava Forza Italia, dicendo di avere lavorato bene con quel partito nell’ultimo anno e mezzo e di augurarsi di raccogliere il testimone, agendo in maniera tale che gli elettori forzisti votino per il Partito Democratico. Che poi Forza Italia faccia anch’essa parte delle tre forze che hanno determinato la caduta di Draghi, appare agli occhi del segretario come irrilevante. A ben guardare, oltretutto, i frutti della collaborazione forzista sono miseri e il partito di Berlusconi si è semmai preoccupato di osteggiare l’unico provvedimento proposto timidamente dal Partito Democratico, lo Ius scholae, non a caso accantonato dal governo uscente. Non è solo verso Forza Italia e i suoi elettori che guarda Enrico Letta ma anche verso quel Centro che vede come fumo negli occhi la Sinistra (Calenda, Bonino, Di Maio e Renzi). La collocazione più “moderata” del Partito Democratico aveva fatto sì, già nel 2018, che Pierferdinando Casini si sentisse perfettamente a suo agio nell’accettare da quel partito la candidatura nel collegio blindato della rossa Bologna. In sintesi, in un panorama assai confuso, il partito democratico sta cercando di trovare una sua nuova dimensione nella quale le forze più progressiste di Sinistra faticano sempre più a identificarsi, mentre finiscono per trovarsi perfettamente a loro agio quelle forze più moderate e conservatrici, eredi dirette o indirette di quella cultura veterodemocristiana, verso la quale abbiamo sempre avvertito una certa repulsione. Stando ai sondaggi, comunque, non dovremmo rischiare di amareggiarci nel vedere queste forse al governo con le loro politiche ondeggianti ipocrite e cerchiobottiste. È una magra consolazione ma tant’è!

Massimo Conocchia

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