L’arte del “nonostante tutto”

Gentile Direttore,

le chiedo di dare spazio a queste mie riflessioni in risposta alla “Lettera aperta del Covid-19” pubblicata il 15 marzo 2021. Vorrei rivolgermi direttamente al virus che ci ha cambiato completamente la vita.

Salve Covid,

è da un po’ di tempo che sentivo il desiderio di risponderti, ma non ho mai trovato il coraggio di farlo. Ti aggiorno: Il 21 febbraio 2020 sono apparsi i primi casi italiani. Il Sole 24 ore ha riportato in data 15 luglio 2022 il dato giornaliero e la cifra totale da inizio pandemia: i nuovi casi sono 107.122, per un totale di 19.887.037 dall’inizio della nostra disavventura collettiva. Niente male, penserai compiaciuto.

L’emergenza da te provocata ha comportato una rivoluzione nella nostra quotidianità: dal lavoro alla scuola, passando alla socialità in generale. È indubbio che tu ci abbia portati ad approfittare di quell’evoluzione tecnologica che negli anni ha ridotto le occasioni di stare insieme e relazionarsi con l’altro. Siamo stati distanti per mesi, guardandoci in volto solo attraverso degli schermi.

Tuttavia, per quanto le tecnologie abbiano modificato il concetto di socialità, questo bisogno è ancora evidente: rimane vivo e forte il desiderio di vedersi, di trovarsi, di comunicare fra noi, anche se tu hai azzerato questa possibilità e hai lasciato ergere muraglie e fatto saltare tutti i ponti in modo tale che si diffondesse un individualismo sfrenato.

Così abbiamo imparato a comunicare in dosi massicce sui social, ci siamo iscritti su numerosi gruppi chat su WhatsApp con l’illusione di esserci e non ci siamo accorti di aver perso la capacità di fare una semplice telefonata.

La parola d’ordine di questa emergenza è stata isolamento. Le conseguenze di un prolungato distanziamento sono state significativamente forti e devastanti. Ci hai insegnato a guardare ogni persona con diffidenza, come possibile portatore di infezione e malattia e hai piantato in tutti noi l’inganno, il sospetto, il timore in modo subdolo e profondo.

Il nostro privato lockdown ci ha resi e continuerà a renderci più diffidenti: in questi mesi abbiamo imparato in modo disfunzionale a isolarci e a stare in casa. Guardiamo sempre più spesso le possibilità di contatto con gli altri con maggior timore e questo lascerà inevitabilmente un segno indelebile sull’intera comunità.

La solitudine, la paura che nulla torni più come prima, il timore di vedere i nostri cari per un possibile rischio di contagio: è il dramma che ognuno di noi ha vissuto e continua a vivere a causa della pandemia. Un dramma che ha creato una condizione di fatica, stress psicologico continuo, in cui è forte una destabilizzazione e un crollo delle certezze. Ed è tremendo pensare che dobbiamo imparare a convivere con te fra varianti e sottovarianti.

Ma c’è una cosa che tu non sai. Sai cosa lega le persone? Il “nonostante tutto”. Ci sono persone che non finiscono mai di volersi bene, semplicemente perché quello che le lega è molto più forte di quello che le divide. Ci sono persone alle quali puoi chiedere di tutto e poi ci sono quelle alle quali non hai bisogno di chiedere nulla per ottenere valore e, se le incontri, non potrai più farne a meno.

Sono le persone verso cui non riusciremo mai a essere indifferenti. E quando decidiamo di legarci alla vita di qualcuno, stiamo anche scegliendo di vivere nonostante le nostre debolezze, i giudizi della gente, nonostante lo scoraggiamento e il pessimismo che hai instillato nelle nostre menti. L’umanità ha mille difetti e difficoltà, ma l’amore trionfa sempre. E’ impossibile, anche per una pandemia, dividere per sempre i legami più forti, la voglia di vedersi, di sentirsi, di toccarsi. Il contatto e la socialità è un bisogno primordiale per l’uomo e non vi rinuncerà mai.

Quindi, per concludere, finché l’essere umano conserverà la sua capacità di amare e non rinuncerà a coltivare e custodire la vita oltre la fatica e i timori, tu, nonostante tutto, non riuscirai a sconfiggerci completamente.

Elena Ricci

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