Alimentazione e allergia al nichel

L’allergia al nichel è un’allergia estremamente comune. In Italia si stima ne siano affette circa il 32.1 % delle donneIl sesso femminile risulta quello maggiormente colpito probabilmente per la maggiore esposizione al nichel (uso di gioielli, cosmetici, detergenti ecc.).

Il nichel infatti è un metallo presente praticamente ovunque: nell’acqua (da 0,005 a 0,1 mg/l), nel suolo (da 5 a 500 mg/kg), ma soprattutto in tanti alimenti, cosmetici (saponi, tinture, creme ecc.), ed moltissimi oggetti d’uso quotidiano (bottoni, cerniere, bigiotteria, orologi, occhiali, cinture, utensili da cucina, maniglie porte ecc.). Ed è proprio questa sua presenza pressoché ubiquitaria che lo rende responsabile dello sviluppo di allergia nei soggetti sensibili.

L’allergia al nichel, a differenza delle altre allergie alimentari (glutine, lattosio, ecc.), è un’allergia da accumulo. I sintomi infatti si manifestano in genere solo dopo aver accumulato nell’organismo elevate quantità di nichel.

In base ai SINTOMI, l’allergia al nichel si può manifestare sotto forma di:

  • Dermatite da contatto (ACD), la forma allergica più diffusa, che si manifesta con sintomi dermatologici quali prurito, orticaria, dermatite atopica, dopo il contatto diretto con oggetti contenenti il nichel.
  • Sindrome da Allergia Sistemica al Nichel (SNAS), con o senza dermatite da contatto, si manifesta con diversi disturbi sistemici quali:
    • disturbi gastrointestinali (dolore addominale, diarrea, vomito, gonfiore addominale, meteorismo, acidità, nausea, ecc.)
    • disturbi respiratori (rinite, asma)
    • neurologici (mal di testa)
    • generalizzati (febbre, tachicardia, fibromialgia, dolore alle articolazioni, astenia o sensazione di fatica cronica).

La DIAGNOSI può essere effettuata con l’ausilio di un test cutaneo noto come patch test. Il test consiste nel porre sulla pelle per 24/48 ore un cerotto contente quantità calibrate di nichel a lento rilascio. L’esito sarà positivo se, alla rimozione del cerotto, la zona risulterà arrossata e caratterizzata da vescicole pruriginose.

Un test alternativo utile alla diagnosi è anche rappresentato dal prick test, un test molto utilizzato per individuare allergie alimentari. Si esegue sulla cute dell’avambraccio (sul dorso nei neonati), su cui si applicano delle piccole gocce dell’allergene e successivamente si procede pungendo con una lancetta sterile (una sorta di spillo di piccolissime dimensioni), per fare in modo che l’allergene penetri nella cute. Si attende 15/20 minuti dopo i quali, se si arrossa la zona in corrispondenza, il test avrà esito positivo.

È importante sottolineare che una dieta senza nichelè impossibile da mettere in pratica:

  • sia perché è impossibile eliminare completamente il nichel dalla dieta (non si può applicare il classico protocollo di eliminazione utilizzato per allergie o intolleranze);
  • sia perché il contenuto di nichel nel cibo è difficile da determinare: caratteristiche del suolo, dell’acqua, dei fertilizzanti usati e perfino le stagioni ne influenzano e modificano il contenuto (ad esempio, in estate i vegetali presentano meno nichel rispetto all’inverno);
  • sia perché non esiste un valore di “dose massima” accettabile per tutti: ogni persona possiede un limite di tollerabilità personale, superato il quale manifesta dei sintomi (nella SNAS). I sintomi connessi all’accumulo di nichel con la dieta sono molto variabili tra una persona e un’altra. Uno stesso alimento responsabile di sintomi in un individuo spesso non comporta alcun sintomo per un altro individuo affetto dalla stessa allergia. Ogni caso va valutato singolarmente.

Se vi è stata fatta diagnosi di “allergia al nichel” sappiate che una DIETA BILANCIATA A BASSO CONTENUTO DI NICHEL è in grado di alleviare i sintomi e limitarne la ricomparsa. Soprattutto per tutti coloro i quali risultano affetti da Sindrome da Allergia Sistemica al Nichel (SNAS), una dieta a basso contenuto di nichel ben pianificata (con contenuto di nichel inferiore ai 250 μg), è in grado di prevenire e migliorare nettamente i sintomi cutanei e gastrointestinali. In una dieta a basso contenuto di nichel è importante tenere sotto controllo la quantità di nichel assunta giornalmente con gli alimenti. L’effetto detox (disintossicante) si manifesta gradualmente, con una lenta regressione della sintomatologia. I risultati possono essere evidenti dopo almeno due mesi d’applicazione.

Come regola generale, il nichel è più abbondante in cibi di origine vegetale (circa quattro volte superiore rispetto a quelli di origine animale). Opinione unanime si riscontra su uova, carne e latticini, considerati a basso contenuto di nichel in tutti gli elenchi consultabili. Sul pesce, diverse notizie contrastanti per motivi evidenti (differenze geografiche, metodi dall’allevamento, inquinamento delle acque ecc.). Per questo, in generale, nello scegliere i cibi, è buona regola far riferimento alla tollerabilità individuale. Tuttavia è possibile dire con certezza, che chiunque possieda una allergia sistemica al nichel (SNAS) può trarre beneficio dall’adozione delle seguenti abitudini:

  • Evitare i cibi ad alto contenuto di nichel: arachidi, fagioli, lenticchie, piselli, soia, avena, cacao, noci, nocciole e mandorle, farina integrale, pomodori, cipolle, porri, cavoli ed asparagi.
  • Limitare i prodotti confezionati industriali. Prediligere i prodotti freschi, l’autoproduzione casalinga e/o i prodotti artigianali (es. marmellate, yogurt, biscotti, pane, formaggi ecc.).
  • In alcuni casi, risulta utile limitare i prodotti contenenti lattosio (se è stata diagnosticata una concomitante intolleranza al lattosio).
  • Evitare il cibo in scatola e le bevande in lattina. Preferire i prodotti conservati in vetro.
  • Evitare gli integratori vitaminici, ad eccezione dei probiotici, se non strettamente necessari, dichiaratamente senza nichel e indicati da specialisti. Al contrario, per controllare i disturbi gastrointestinali e visto il ruolo importante del microbioma intestinale nella regolazione del sistema immunitario, una terapia a lungo termine con probiotici può essere di grande aiuto. In particolare, un’integrazione con Lactobacillus reuteri, ha evidenziato miglioramenti dei sintomi gastrointestinali (nei soggetti affetti da SNAS).
  • Preferire cibi quali il riso bianco, la pasta di semola (non integrale), l’olio extravergine d’oliva, le olive, le patate, i cetrioli, le banane, le mele e gli agrumi (tutti!), le uova, il latte ed i derivati (se non intolleranti), yogurt intero, ceci (sono gli unici legumi ben tollerati). Consumare tè e caffè con moderazione. È bene imparare a gestire la dieta quotidiana ed a bilanciare adeguatamente i nutrienti, per evitare di eccedere con le proteine animali ed i grassi saturi. Possono compromettere l’omeostasi generale e favorire l’insorgenza di patologie croniche rilevanti (ipercolesterolemia, diabete.
  • Non eccedere con il latte vegetale di riso, tra i più consigliati ed utilizzati nelle diete a basso contenuto, poiché ricco di zuccheri semplici e nutrizionalmente povero.
  • Consumare cibi ricchi di vitamina C, in grado di contrastare l’assorbimento del nichel a livello dell’intestino. Tra gli alimenti a basso contenuto di nichel, gli agrumi (arancia, limone, mandarini, pompelmo ecc.) risultano essere ricchissimi di vitamina C.
  • Utilizzarecurcuma e zenzero nelle preparazioni quotidiane (es. tisane, minestre, zuppe), per sfruttare il loro potere antiossidante e antinfiammatoria.
  • Lasciar scorrere l’acqua del rubinetto prima di consumarla o utilizzarla per preparazioni. Si consiglia di non bere e non utilizzare la prima acqua che esce dal rubinetto la mattina.
  • Evitare di incorrere in anemia da carenza di ferro, bilanciando bene l’assunzione con la dieta di questo minerale ed aumentandone l’assorbimento. L’organismo in presenta carenza di ferro tende ad accumulare maggiori quantità il nichel.
  • Smettere di fumare. Ogni sigaretta contiene 1-3 μg di nichel.
  • Nel caso di DAC (Dermatite da Contatto),evitare il contatto con gioielli, monete, cerniere ecc., ovvero con tutte le parti metalliche di oggetti di uso comune. Scegliere cosmetici per il viso (creme, make up ecc.), per il corpo (crema, detergenti ecc.) e per la casa (detersivi vari), bio e “Nichel free“.
  • Per quanto riguarda gli utensili per cucinare o servire le pietanze, la maggior parte degli studi riporta che il rilascio dalle pentole è irrisorio e limitato al primo utilizzo della pentola nuova, in particolare se associato ad alimenti acidi (come il pomodoro o il succo di limone).

Ed i pomodori? Fino a poco tempo fa vietatissimi, ma da qualche tempo rientrati tra i vegetali concessi in una dieta a basso contenuto di nichel, grazie alla ricerca. Un team di ricercatori italiani ha infatti creato i pomodori a basso contenuto di nichel, noti come pomodori idroponici. Alcune aziende agricole si sono specializzate nella coltivazione e distribuzione di questo pomodoro senza nichel, che è acquistabile online ed anche in alcuni supermercati di diverse città italiane. Di seguito ecco il link per ottenere qualche notizia in più e per chi volesse sperimentarne la coltivazione.

Un aiuto alla “disintossicazione” può arrivare dall’assunzione della ZEOLITE. La zeolite è un minerale microporoso di origine vulcanica noto per le sue proprietà depurative e disintossicanti. Una volta assunta, non viene metabolizzata ma funge un po’ da calamita per tutte le tossine. È in grado di catturare dal nostro organismo pesticidi, ammoniaca, radicali liberi, cationi radioattivi e metalli pesanti, tra i quali il nichel. La zeolite non ha grandi controindicazioni se non il fatto di poter far comparire alcuni effetti collaterali dovuti alla sua azione disintossicante nel nostro organismo, nei primi giorni di utilizzo (mal di testa, nausea, nervosismo). Evitate la zeolite se assumete qualunque tipo di farmaco. Se decidete di assumerla, ricordate sempre di bere molta acqua (può indurre stitichezza). Trascorso un periodo di 1-2 mesi in regime dietetico a basso contenuto di nichel, dopo aver valutato i benefici concreti ottenuti, si può decidere se proseguire o meno con questo tipo di dieta per tempi più lunghi (fino a 6 mesi) o valutare subito l’introduzione graduale di altri cibi al fine di rendere la propria alimentazione più varia.

Antonia Cassavia

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