L’alimentazione giornaliera del praticante sportivo
La maggior parte dell’apporto calorico giornaliero (55-65% a seconda del tipo di pratica) deve essere costituito dai carboidrati, soprattutto quelli contenuti nei cereali, nei tuberi e nei legumi e, in misura minore, quelli contenuti negli zuccheri semplici (zucchero comune, miele, marmellate, dolci, frutta e bevande zuccherate). Le proteine devono, a seconda del tipo di pratica motoria e sportiva, rappresentare il 10-15% delle calorie totali assunte nella giornata e dovrebbero preferibilmente essere una combinazione di alimenti di origine animale (carne, pesce, uova, latte e latticini) e vegetale (legumi e cereali). Il fabbisogno di proteine aumenta se l’allenamento è indirizzato allo sviluppo della forza e quindi del trofismo muscolare o se il carico dell’allenamento è particolarmente impegnativo e l’attività quotidiana. Un’adatta combinazione degli alimenti è un fattore che qualifica enormemente lo stile alimentare poiché consente di assimilare nel modo migliore le diverse sostanze o, addirittura, di evitarne la perdita. I nutrizionisti concordano sul fatto che l’apporto giornaliero di proteine non debba andare oltre ai 2 g/Kg (cioè il doppio del limite consigliato per i soggetti sedentari). Questa quota è sufficiente sia ad assicurare il turnover delle proteine muscolari (che in parte si consumano durante l’esercizio e poi si ricostituiscono durante il riposo), sia a fornire un adeguato apporto energetico. Infatti, nell’esercizio fisico protratto oltre l’ora anche le proteine muscolari concorrono nel metabolismo energetico. A tale proposito è stata posta da tempo la questione di quale debba essere l’apporto nella dieta degli aminoacidi ramificati, che nei soggetti praticanti attività di resistenza sostengono proprio l’attività catabolica. Occorre tenere presente che, con il trascorrere delle settimane e dei mesi di allenamento, l’adattamento meccanico e fisiologico si traduce in un minor costo a parità di carico di lavoro e, quindi, anche il fabbisogno di proteine diminuisce. Il restante 25-30% dell’apporto calorico deve provenire dai lipidi che, se la prestazione fisica è di lunga durata e di intensità bassa, vengono utilizzati come fonte energetica. Esprimendo il concetto sinteticamente, si può dire che un’alimentazione che comprenda i cinque gruppi fondamentali di alimenti e che sia adeguata al dispendio energetico è certamente in grado di soddisfare i fabbisogni nutrizionali del soggetto. I cinque gruppi alimentari fondamentali sono:
1. cereali e tuberi
2. carni, pesci, uova e legumi secchi
3. latte e derivati
4. frutta e verdure fresche
5. grassi di condimento
Un’altra esigenza importante dei praticanti sportivi è rappresentata dalla necessità di assumere abbondante acqua nell’arco della giornata. E’ evidente che le esigenze idriche sono commisurate alle perdite e, quindi, alle condizioni climatiche ed ambientali in cui viene svolta l’attività. L’attenzione verso la necessità di favorire una costante attività fisica nella popolazione e combattere così i danni provocati dalla sedentarietà, ha fatto sì che, tra diversi specialisti di scienza dell’alimentazione ed esperti di malattie dismetaboliche, nascesse l’esigenza di ideare anche una piramide del movimento.
Non si può ridurre il sovrappeso solo attraverso una riduzione dell’apporto alimentare, ma è necessario anche modificare lo stile di vita aumentando il movimento.
Molte ricerche hanno dimostrato come una intensa attività fisica, proporzionalmente alla sua intensità e durata, possa determinare un aumento dei radicali liberi causato da diversi possibili fattori, tra cui l’incremento del consumo di ossigeno, l’aumento dei fenomeni di ischemia – riperfusione nei tessuti muscolari, l’autossidazione delle catecolamine, il rilascio di metalli e l’attivazione dei leucociti neutrofili. Bisogna tuttavia ricordare che l’allenamento e il carico fisico in genere se, da una parte, provoca un aumento dei radicali liberi, dall’altra aumenta i livelli dei diversi enzimi antiossidanti. L’organismo è infatti dotato di complessi ed efficienti sistemi di auto protezione rispetto ai radicali liberi: le sostanze protettive così attivate vengono definite antiossidanti e, a loro volta, si distinguono in endogeni ed esogeni. Gli antiossidanti endogeni sono per lo più enzimi che funzionano in abbinamento con alcuni minerali come il selenio, il rame, lo zinco, il manganese ed il ferro. Agiscono da antiossidanti anche altre sostanze come, ad esempio, l’acido urico, la bilirubina, la transferrina, l’albumina. Gli antiossidanti esogeni, oltre ai suddetti minerali che si abbinano agli enzimi, sono la vitamina E, la vitamina C, il betacarotene, i flavonoidi, il licopene, il resveratrolo, l’acido alfa-lipoico e l’ubichinone.
Antonia Cassavia
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