Padula non c’entra col dio Nettuno!
Ho ricevuto una serie di telefonate, con le quali mi si chiedeva se mai Padula avesse scritto un poemetto dal titolo Il Nettuno, ossia dedicato a quel dio pagano.
Mi aspettavo che le Agenzie culturali del nostro territorio avessero corretto le varie inesattezze.
Com’è noto rifuggo dalle polemiche, perciò non m’interessa come si comportano gli altri.
Voglio solo dire che le tante inesattezze non giovano al Padula, né sono degne d’essere prese in considerazione.
I versi in questione, forse scritti nel 1848 in S. Marco Argentano, non furono mai pubblicati se non postumi da Vincenzo Julia.
Qualcuno avrebbe detto che si tratta di sonetti, cosa erratissima.
Il riferimento è alla nave “Il Nettuno”, che trasportava il pessimo ministro Del Carretto che, per le sue malefatte nei confronti dei liberali, fu fatto processare e condannare all’esilio.
Mi occupai di quanto riguardava la faccenda in questione in un articolo, apparso nell’odiato “Confronto”, sul n. 3 del 1994, dal titolo “Una nota ‘Al Nettuno’ di Vincenzo Padula”. Chi volesse può leggerlo sul n. citato pubblicato da questa testata.
Riassumo, per quanti non avessero voglia e tempo di farlo. Del Carretto, come si legge nella cronaca di un vecchio giornale, che si pubblicava in Marsiglia, era atteso dai liberali schierati sul lido pronto a seviziarlo, se non a farlo fuori. Le forze dell’ordine, per evitare tanto, dissero che era scoppiato il colera a bordo della nave “Il Nettuno”. Gli esiliati, così, si dispersero, non essendo disposti ad aspettare la fine della quarantena.
Mi si chiede cosa c’entri V. Padula col dio Nettuno. Nulla, assolutamente nulla. Chi ha messo in giro questa fandonia e chi avrebbe dovuto smentire e non l’ha fatto non so se meriti quanto i miei interlocutori hanno riversato dall’altro capo del telefono.
L’ho scritto altre volte e lo riscrivo: a me non interessano i comportamenti degli altri né le fandonie che si spacciano come verità storicamente fondate.
La Storia non si fa né sulle né con le fandonie, si fa con i documenti. Chi pretende di ammannirla diversamente non so cosa meriti, come chi avrebbe il dovere, secondo gli interlocutori, se pur ve n’è qualcuno, di farlo e non l’ha fatto.
Ognuno, al posto di recriminare, sperando che chi scrive si faccia loro portavoce sbaglia e troppo.
Consigliamo, al posto di agire in questo modo, di mettere nero su bianco e avere il coraggio di apporre nome e cognome sotto le proprie idee.
Al di là di tutto, quanto riportato nell’articolo citato e qui ribadito, ripeto, è storicamente provato, perché a me hanno insegnato che la Storia si fonda sulla ricerca dei documenti e non sul copia incolla o sul sentito dire.
Giuseppe Abbruzzo