Acri, Pietrantonio Sanseverino e la Platea del Della Valle
Tanti citano la platea di Sebastiano Della Valle, ma solo pochissimi l’hanno consultata.
Fra le tante platee, redatte da detto commissario vi è, appunto quella di Acri, datata 1544.
Ecco come e perché fu redatta. Pietro Antonio Sanseverino (1508-1553 o 1568), IV principe di Bisignano, riteneva che vari possedimenti, case ecc. fossero di sua proprietà e, ingiustamente detenuti e sfruttati da privati. Per dimostrarlo era necessaria una ricognizione dei beni. Questa poteva essere eseguita solo con decreto apposito dell’imperatore che, all’epoca, era Carlo V.
L’occasione si presentò quando il suddetto mise in atto la spedizione di Tunisi.
Al ritorno visitò il regno di Napoli. Fu a Cosenza il 9 novembre 1535. Dal 9 al 12 fu ospite del principe Pietrantonio, con l’intera corte, nel castello di San Mauro, in territorio di Corigliano.
Il ricevimento fu sfarzoso, riportano le cronache, tanto che a un certo punto l’imperatore disse; – Prence, vos es el Rey, o el Prence de Bisignano? (Principe voi siete il re o il Principe di Bisignano?). Tale accoglienza, però, era interessata. Pietrantonio doveva strappare a Carlo V il decreto, per la nomina del commissario, che avrebbe dovuto eseguire l’anzidetta ricognizione dei beni ritenuti suoi. Il decreto fu emanato. Si nominò il commissario, ma nell’espletare le varie pratiche, fu trasferito, come il successore, finché si arrivò alla nomina di Sebastiano della Valle.
Varie sono le platee redatte in un latino popolaresco traducibile solo se si ha conoscenza del vecchio dialetto.
La platea di Acri, come detto, reca la data del 1544. Il Commissario descrive i confini della città e prosegue con la ricognizione dei beni. Nel verificare confini e altro si rivolge a popolani, che rispondono in dialetto. Quel modo di esprimersi è latinizzato da don Sebastiano.
Un esempio? Nella descrizione dei confini, giunti nel Là Mucone si legge: “qua itur per viam de plano”. La traduzione è: “che corre lungo la via”. Come si vede è la trasposizione dell’espressione dialettale pronunciata dal popolano interrogato: va la via ‘e chiànu (corre lungo la via).
Come è evidente la traduzione, ricca di queste espressioni e di antichi vocaboli dialettali, è di non facile traduzione per chi non conosce il dialetto acritano e le sue espressioni tipiche.
Ne abbiamo scritto, perché personaggi e documento sono parte integrante e interessante della storia di Acri.
Un esempio per tutti. I confini territoriali furono presi per buoni dalla Commissione per l’abolizione della feudalità.
Il documento, come tanti altri, riguardanti la Storia vera di Acri andrebbero pubblicati con apparato critico, per renderli fruibili non solo dagli studiosi, ma dai cittadini tutti.
Perché non si fa? Questo non è compito di privati, ma delle istituzioni.
Giuseppe Abbruzzo