Quant’ è bella la rosa!
La rosa è ritenuta la regina dei fiori. Lo è per il profumo e per la bellezza dei suoi petali.
C’è chi sostiene, poeticamente, che le spine siano state messe apposta sulla pianta, per proteggere tanta meraviglia da mani rapaci e dal morso di animali.
Che essa sia una vera regina lo capì anche il poeta popolare. Egli alla rosa paragonò la sua donna che, come la rosa, non deve finire fra le mani di chi non sa apprezzarne la bellezza, la delicatezza e, ecc. così canta:
Quant’è bella la rosa quannu nasci,
nu’ la dunàti a chin’ ‘u’ la canusci:
intra li spini si prinzìpia e nasci
e l’aria e lu serenu la nutrisci…
O vita dedicàta, piettu vasciu,
capilli davurati a spina pisci,
tu bella ci si’ nata de la fascia,
cchiù ti fa’ ranna e cchiù bella ti crisci
Secondo alcuni la rosa nacque sulla tomba di una ragazza morta per amore. Nacque in una serena notte d’estate, mentre la luna piena, che aveva assistito agli incontri fra innamorati, splendeva alta nel cielo. Le stelle, in quella notte, commosse piangevano, staccandosi dalla volta celeste.
Cosa volete di più poetico? Resta, forse, il sognare, socchiudendo gli occhi e godendo dell’odore delicato emanato da una rosa appena raccolta.
Petali di rosa entrano in una pozione magica, per fare innamorare. Essi si mischiano con polvere di ossa di morto, pietruzze d’un crocevia ecc. ecc. ecc.
I maghi francesi sono esperti in filtri d’amore e Victor Hogo ricorda: “Il potere inebriante che trasforma l’uomo in Dio; / amore, miele e veleno, filtro d’amore del fuoco fatto respiro mescolato con l’uomo e la donna, / brividi della carne e sogni dell’anima”.
La rosa fu pregiata dagli antichi e cantata da tantissimi poeti.
Costoro tramandarono che il Dio d’amore donò ad Arpocrate, Dio del Silenzio; una vaghissima rosa, la prima che fosse stata conosciuta. Il dono mirava a impegnarlo a non scoprire “le furtive pratiche di Venere sua madre”. Da questo si ebbe l’uso di decorare di rose le stanze in cui Amore aveva sede.
Come si vede questo fiore colpì gli antichi e chi aveva il dono della poesia ne cantò e ne scrisse non solo decantandone la bellezza e il profumo, ma v’intessé meravigliose fantasie. Tanti, colpiti da quanto riportato davano il nome di Rosa alle figlie. L’innamorato, perciò, cantava:
Rosa, chi de la pianta ricca siti,
tanta bellizza, a vua, chi vi l’ha data?
Petali di rose, miste a fiori della ginestra venivano sparsi, a manate, dalle “verginelle”, che precedevano la processione del Corpus Domini.
La rosa, però, per la sua delicatezza ha breve durata e così si ricorda: “Come in un giorno sol s’apre la Rosa, / così un giorno a perir solo è bastante”.
Giuseppe Abbruzzo