Elezioni. Giovani, giovanilismo e pataccari
Non ho un dato analitico per poterlo asseverare senza tema di smentita, ma, a naso, dando un’occhiata alle liste depositate qualche giorno fa, mi pare di poter dire che la presenza dei giovani sia un dato numericamente incoraggiante.
In ogni caso, questo mi offre il destro per una riflessione sull’impegno dei ragazzi alla gestione della città.
Comincio col dire che una presenza massiccia di giovani non sia necessariamente un dato esaltante. Lo è, come spero che sia, se chi accetta la sfida lo fa con l’obiettivo dichiarato di mettere al servizio della competizione la passione e l’impegno di chi è per davvero interessato a migliorare le nostre condizioni di vita.
E’, al contrario, deprecabile se i giovani siano stati messi lì solo per completare le liste.
Comunque, una cosa mi sento di chiedere alle ragazze e ai ragazzi della nostra comunità: non delegate ad altri le vostre ansie e la vostra voglia di fare la rivoluzione.
Nel periodo pre-elettorale, nella fase di predisposizione delle prime linee, vi è stata una corsa, piò o meno evidente, ad accaparrarsi le simpatie dei giovani, rivolgendo loro parole di ottimismo e incoraggiamento.
I magliari sono tanti e spesso di cosa vogliono i nostri figli e i nostri nipoti, la loro voglia di gridarci la loro indignazione e di spiegarci la nostra incapacità di comprensione, non gliene frega niente.
Io non mi iscrivo nelle liste di coloro i quali blandiscono i giovani, li lisciano dalla parte del pelo, a prescindere. Essere giovani non è sinonimo di innovazione, così come l’esperienza non è garanzia di successo. Al contrario, come diceva Oscar Wilde, “l’esperienza è il nome che tutti danno ai loro errori”.
Ecco perché fare facile giovanilismo è una scimmiottatura di chi ha in animo solo una strumentalizzazione fine a sé stessa.
I giovani non sono solo il nostro futuro, devono essere anche il nostro presente. Devono impegnarsi subito, sbagliare, perché sbaglieranno, aiutati a rialzarsi e far si che la loro straordinaria energia sia incanalata nella giusta direzione.
Questo non si fa per delega, questo lo devono fare loro. Ecco, un’idea potrebbe essere quella di affidare, al di là di logiche di appartenenza, l’assessorato alle Politiche Giovanili a una ragazza o a un ragazzo. Unica condizione è che sia in grado di farlo. Non basta la carta d’identità, perché anche all’interno di quel mondo le differenza vanno fatte. Sarebbe già un bel segnale.
Piero Cirino