Ospedale, serve una politica di rilancio e concretezza

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L’arrivo della pandemia da Covid-19 in Italia ha messo al centro del dibattito pubblico e politico la qualità del sistema sanitario nazionale e regionale, evidenziandone le tante criticità e lacune presenti. L’evidente criticità del nostro sistema sanitario nazionale si può riassunmere nell’assenza di due macroambiti assistenziali: l’assenza di una rete territoriale e di una rete ospedaliera di base, cosiddetta di prossimità, in grado di garantire la continuità territorio- ospedale e la funzione di filtro diagnostico- terapeutico verso la rete ospedaliera HUB e Spok, basandosi sui parametri basati sulla complessità, uniformità ed intensità di cura. Parametri da contrappore ai criteri statistico- matematici e ragionieristici basati sugli standard di utilizzo delle strutture sanitarie e sui bacini di utenza, ignorando che ogni realtà territoriale, in questo caso regionale, presenta delle specificità di natura geomorfologica, storica, sociale, economica, strutturale ed infrastrutturale. In tale contesto, risulta, altresì, penalizzante il criterio di riparto del Fondo Sanitario Nazionale, basato sul parametro capitario pesato, anzichè sui dati epidemiologici di morbilità, comorbilità, vulnerabilità sociale, indici di deprivazione socio- economica. E’ di tutta evidenza che il nuovo modello aziendalistico, nato con il Decreto Legislativo N°502/92, e s. m. i., risponde alle logiche di sostenibilità del debito pubblico, del pareggio di bilancio, di contrazione delle spese d’investimento, tutte disposizioni che sono state recepite dalla Legge Costituzionale N°1/2012, che ha introdotto nell’ordinamento legislativo Italiano l’obbligo del pareggio di bilancio e dell’osservanza del Fiscal Compact Europeo.

In via di principio, sulla scorta degli articoli 3 e 32 della Costituzione, la sanità dovrebbe dare certezza di cure a tutti i cittadini e garantire cure gratuite agli indigenti, ma, purtroppo, in Italia, e soprattutto in Calabria, siamo ben lontani dall’attuare tali principi universalistici, come dimostrano lo stato comatoso della nostra sanità regionale ed i casi di mala sanità.
Il Piano di Rientro dai Disavanzi Sanitari Regionali ed il Commissariamento hanno generato tagli orizzontali ai Livelli Essenziali di Assistenza, disavanzi miliardari, aumento della migrazione sanitaria, anche per patologie a bassa intensità di cura, un aumento vertiginoso della mobilità sanitaria interregionale.
I risultato finale di tale politica dissennata ha portato alla chiusura di ospedali, o al loro depotenziamento, alla cancellazione della rete assistenziale territoriale, rendendo estremamente precario un sistema sanitario già fragile da tempo.

In tale contesto, ad Acri le cose non vanno certamente meglio, con particolare riferimento al Presidio Ospedaliero “Beato Angelo” ed alla rete di assistenza territoriale.
Il Presidio Ospedaliero, pur configurandosi come una struttura ospedaliera strategica per il bacino di utenza di Acri e dei comuni della valle del Crati, ha subito un’opera di costante depotenziamento, venendo trasformato, nel tempo, in ragione di una programmazione sanitaria regionale ed aziendale, da Ospedale di Base in Ospedale di Zona Montana, funzionalmente aggegato all’Ospedale Spoke Corigliano- Rossano.
Della necessità di impugnare preventivamente il DCA N.64/2016, da cui e’ scaturito l’atto aziendale dell’ASP di Cosenza, approvato con il DCA n.117/2017, solo oggi è stata acquisita piena consapevolezza. Ora, invece, molti confidano sulla nuova programmazione sanitaria regionale che investe nei posti Covid, nelle Case della Comuntà, negli Ospedali di Comunità, le Centrali Operative Territoriali, la Telemedicina, piuttosto che su di una Sanità di prossimnità , realmente vicina ai cittadini ed ai loro fabbisogni concreti di salute.
La recente pandemia da Covid 19 ha rappresentato, con l’istituzione del reparto Covid nel Beato Angelo, una sorte di ” panacea” assistenziale, mediaticamente esaltata, nonostante tale operazione abbia comportato la disattivazione del reparto di chirurgia generale ed il ridimensionamento di quello di Medicina Generale.
Resta valida ed ineludibile, peraltro, la proposta di riportare Il P.O. di Acri nella rete ospedaliera per Acuti, quale Ospedale di Base, in funzione di realtà ospedaliera di prossimita’.

Le prossime elezioni comunali sono ormai vicine ed il nuovo consiglio comunale avrà un compito molto difficile: quello di riportare ad Acri quella cittadella della salute che tutti vogliamo, che tutti ci aspettavamo arrivasse in questi anni di Consiliatura a guida Capalbo.
Acri merita un ospedale e una sanità dignitosa, in assenza della quale non potrà esserci futuro per noi Acresi.

Emilio Turano, consigliere comunale

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