Le prigioni dei Savoia erano un inferno

Il problema del sovraffollamento delle prigioni è vecchio. Se ne occupò il Padula su Il Bruzio, definendole un inferno e denunciandone le assurdità postunitarie. Ancor prima, però, se ne scrisse su Il Calabrese nel 1862.

Se la cosa perdura ai giorni nostri vuol dire che, malgrado le tante denunce, nessuno ha posto mano alla risoluzione del problema.

“Crediamo indispensabile – si legge su Il Calabrese, che si pubblicava in Cosenza – ritornare sul proposito delle prigioni, e richiamar su di esse l’attenzione delle Autorità perché vi si provvegga opportunamente e con la massima prestezza. È fatto indubitato che i prigionieri sono a rigor di vocabolo, stivati nelle carceri; e da qui a poco accrescendosi il numero con quelli che sopravvengono alla giornata, mancheranno anche dello spazio di potersi distendere sul suolo e coricarsi.

Da tal condizione dolorosa sorge grave pericolo e per quei disgraziati e per la Città ancora. Il soverchio numero, oltre alle quotidiane sofferenze che prova per l’angustia del luogo, potrebbe essere preda d’una epidemia nella stagione autunnale, e questo malanno per riverbero colpir potrebbe ancora gli abitanti della Città.

Vi si rimedii adunque, sia scegliendo altri locali e costituirli provvisoriamente a uso di carcere, sia riattando il vecchio Castello, sia sbrigando più cause al giorno, e non procedere come si è fatto con tanta lentezza e parsimonia.

La Corte ed i Giurati dovrebbero di buon mattino aprire l’udienza e dar principio agli affari, non già che s’incomincia verso le 11 o le 12 del mattino.

Facendosi una o due cause al giorno, i carcerati che escono o partono son sempre in minore numero di quei che sopravvengono. E con questa proporzione, domandiamo, dove si arriverà?

Già siamo convinti che in questa Provincia, famosissima per l’abbondanza dei reati, né uno né due circoli d’Assise saranno mai bastevoli all’uopo.

Ora il Governo potrà eziandio toccar con mano e giudicare coi fatti e colla esperienza se in questo Capoluogo una Sezione di appello fosse o pur non necessaria!”.

Non tutti, però, soffrivano quanto riportato: i privilegi nella Nuova Italia non erano scomparsi.

Nell’osannato Regno di sua Maestà Vittorio Emanuele II, il re galantuomo, purtroppo, il privilegio arrivava fin nelle carceri. Lo si apprende dalla circolare del Ministro dell’Interno, Silvio Spaventa, che aveva lottato, negli anni precedenti, contro i privilegi dei deprecati Borbone.

La circolare, datata 12 aprile 1864, div. 9a, n. 39, è indirizzata ai prefetti.

L’oggetto reca: “Prospetto riassuntivo del prodotto dei letti a pagamento nelle Carceri Giudiziarie”.

In relazione alla circolare delli 29 agosto, n. 83023-19486 interessando al Ministero di accertare il prodotto ricavatosi per la concessione delle camere riservate pei detenuti nelle Carceri Giudiziarie, il sottoscritto richiede i signori Prefetti a voler procurare la trasmissione di un Prospetto riassuntivo di tutte le giornate di occupazione dei letti a pagamento somministrati ai detenuti nelle Carceri Giudiziarie di codesta Provincia durante lo scorso 1 semestre, non senza disporre perché lo stesso Prospetto venga trasmesso alla fine di ciascun trimestre a questo Ministero.

Tuttavolta poi per alcuno Stabilimento Carcerario non fosse stata effettuata consimile somministrazione dovrà pur sempre essere rilasciato un certificato negativo…

Il Direttore Generale, G. Boschi”.

Ci è sembrata strana questa circolare: chi poteva permetterselo scontava la pena, pagando per avere privilegi. Una considerazione è d’obbligo: – Ma i savoiardi non promettevano libertà e giustizia! -. Avevano ragione i nostri antenati: – Chi ha è e chi non ha non è -. Ch’è un libero rifacimento dell’indovinello: – Tata e mamma fan’ ‘a lutta, / sempri mamma va de sutta / e ppe’ pròvula e ppe’ prisùtta / sempri mamma va de sutta! (Papà e mamma lottano, / sempre mamma soccombe / e per provole e per prosciutti / sempre mamma soccombe!). I miseri pagano sempre e caramente, sotto ogni governo.

Si era strombazzato, nel periodo pre-unitario che le carceri dei Borbone erano la negazione di Dio e quelle dei Savoia descritte su Il Calabrese cosa erano?

Ricordiamo che noi siamo Repubblicani, ma la verità storica, a distanza di tanti anni, andrebbe finalmente detta.

Giuseppe Abbruzzo

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