Il gas Russo

Uno degli effetti collaterali della guerra in Ucraina, che si sta riverberando in maniera sostanziale sulle economie dei Paesi UE, è l’aumento della bolletta energetica.

La crescita dei prezzi si ripercuote sul portafoglio delle famiglie che, già fiaccate economicamente della crisi pandemica, si stanno vendendo limitate le loro disponibilità finanziarie.

Analizzando l’andamento dei costi delle materie prime necessarie alla produzione di energia, petrolio e gas naturale, emerge, nell’ultimo periodo, un loro aumento vertiginoso: il gas naturale ha superato anche i 200 euro per MWo, decuplicando i prezzi di inizio 2021, mentre il Brent ha superato perfino il 130 dollari al barile.

Secondo alcune stime, l’aumento dei prezzi costerà all’Europa, per l’anno 2022, per l’approvvigionamento di idrocarburi, circa un trilione di dollari, risorse evidentemente più elevate di quelle messe a disposizione, 750 miliardi di euro, dal Next Generation EU.

In questo scenario appare chiaro che fondi finanziari superiori a quelli del Next Generation EU, dovranno essere utilizzati, in una sorta di partita di giro, per trasferimenti ai fornitori, tra i primi la Russia, il tutto a detrimento di investimenti diretti a garantire una solida e robusta ripresa economica.

La situazione di questi mesi ha analogie con gli shock petroliferi degli anni ‘70 che misero fine al boom economico degli anni ‘60.

L’attuale guerra, come se ce ne fosse realisticamente ed ulteriormente bisogno, pone sul campo quindi un problema non più procrastinabile.

È fondamentale, se si vuole sorreggere un trend costante di crescita economica dell’Unione Europea, limitare la dipendenza dal gas dalla Russia.

Nel 2021, solo l’Italia ha importato circa 30 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia, più del 40% delle nostre importazioni.

La domanda, quindi, nasce spontanea.

Effettivamente, cosa è possibile fare per limitare la dipendenza dal gas dalla Russia?

Di certo, non vi sono soluzione immediate che possano assicurare un sistema di autosufficienza dalle forniture russe, dovendosi fare i conti con una struttura generale di produzione energetica che, negli anni, ha sostanzialmente esternalizzato le fonti di approvvigionamento, limitando gli interventi e le azioni per la creazione di un sistema di autoproduzione fondato su un mix di fonti.

La Commissione Europea, l’8 marzo scorso, ha adottato in questa direzione il piano “REPowerEU”, con proposte dirette che mirano a ridurre da un terzo l’import del gas russo entro la fine dell’anno ed eliminarlo del tutto per il 2030.

Concretamente, quindi, non esiste un “silver bullet”, ma sono alla portata un paniere di iniziative, in diversi settori, che possono supportate, gradualmente, lo scopo necessariamente da raggiungere.

Un lineare sviluppo economico ha bisogno di energia abbondante, sicura ed a buon mercato.

È necessario perseguire politiche di efficienza energetica e supporto alle fonti rinnovabili, ma la transizione energetica non avverrà in tempi brevi.  

In una recente intervista sul “Corriere della Sera” il Ceo di ENEL Francesco Starace ha indicato che in Italia si potrebbero realizzare in tre anni 60 GW di rinnovabili. Questo ridurrebbe la domanda di gas di 18 miliardi di metri cubi all’anno, più della metà dell’import di gas russo e genererebbe un ciclo di investimenti di 80 miliardi di euro non legati al PNRR.

Nei prossimi decenni dovremo, quindi, continuare ad utilizzare idrocarburi, in particolare il gas naturale, come energia di transizione.

In questa ottica, dovranno essere rinforzati partenariati energetici con fornitori, non direttamente controllati dalla Russia, garantendo loro sicurezza della domanda di gas e offrendo contratti di fornitura a lungo termine.

Infine, lo sfruttamento di risorse locali di idrocarburi non dovrà essere penalizzato, potendo portare alla considerevole riduzione dell’import di gas russo.

Una poco lungimirante politica “no triv”, promossa dagli stessi che avevano osteggiato il gasdotto TAP, ha diminuito la produzione italiana a 3 miliardi di metri cubi all’anno rispetto ai 20 miliardi di metri cubi prodotti negli anni ‘90.

Una parte del gas russo potrebbe essere sostituita da gas italiano riducendo la nostra dipendenza energetica e migliorando, di conseguenza, la bilancia dei pagamenti.

In futuro, cruciali saranno le politiche energetiche europee e nazionali, che si porranno come condizioni necessarie non solo per una sostenibile e duratura crescita economica, ma anche quale elemento di maggiore equilibrio geopolitico influenzato, ad oggi, dalle concrete disponibilità delle fonti di approvvigionamento dei singoli paesi.

Angelo Montalto

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