L’orologio della torre tace!

Sona lu riroggiu e cunta l’ura

ed iu spassìu ppe’ ‘ssa strat’amara!

Donna, nun ti far’ ‘a cuntegnusa,

cà c’è patutu e patu ppe’ t’amari;

ci haju patutu ed iu nu’ mi ni curu,

‘ssu cori spera sempri de t’amari.

Sona, riroggiu, priestu l’urtim’ura,

cussì si finirà lu mia penari!

Nella superstite torre del castello di Acri è installato un orologio a pendolo del 1700. Ce ne siamo occupati più volte su “Confronto”. Ritorniamo a farlo, per riportare qualche documento.

Anzitutto preme chiarire perché l’apertura col canto popolare. L’innamorato cantava alla sua bella le inenarrabili pene d’amore, invocando nell’ultimo distico l’intervento dell’orologio, come fosse un essere animato, per suonare la fine delle struggenti pene.

Va tenuto presente che l’orologio della torre era l’amico, il confidente ecc. non solo per l’innamorato ma per quanti vivevano in Acri. Mia nonna, che soffriva d’insonnia, ne contava le ore scandite nel pieno della notte; altri notavano, d’inverno, dal suono fesso delle campane, che era nevicato. L’orologio, insomma, era parte della vita del nostro popolo.

Gli anni passano per tutti, anche per l’orologio. Si fecero sentire gli acciacchi e … negli anni venti del secolo scorso, con grande dispiacere e disappunto di tutti, smise di far sentire la sua voce.

Vi fu grande preoccupazione. Come poter richiamare in vita il vecchio meccanismo?

Si pensò bene di formare un Comitato, per raccogliere fondi e fare intervenire un meccanico esperto.

Chi poteva rendere possibile l’impresa? Gli emigrati in America, che portavano nel cuore quei rintocchi. Questo l’appello:

«Cittadini!

L’assiduo lavorio di ben due secoli ha ormai logorato l’antico orologio, il quale, da l’alta torre del nostro vetusto e glorioso Castello, ha segnato a diverse generazioni del nostro popolo industre l’ora del lavoro e l’ora del riposo.

Esaminato di recente da un meccanico specialista venuto da Como, esso non è più riparabile. Alla vecchia macchina bisogna sostituirne una nuova. Si tratta perciò di affrontare una spesa ingente.

Ecco perché ci rivolgiamo a Voi che dalla vecchia terra che vi vide nascere siete lontani, ma che presso ad essa siete sempre col palpito del vostro cuore!

Voi darete il vostro contributo affinché non si estingua il suono delle campanelle che, come voce amica, accompagnò il vostro lavoro ne le lunghe notti d’inverno.

Acri, è vero, ha un pubblico orologio, donato da un nostro concittadino emigrato ne la Repubblica Argentina. Ma esso è stato posto in luogo inadatto. Il suono delle ore non va oltre la valle del Calamo. Non viene inteso affatto da nessuna delle nostre popolose campagne.

Da l’alta torre del nostro vetusto Castello le vive onde sonore si spandono, invece, sulle più lontane e opposte plaghe del nostro vasto territorio.

E sono segnatamente i nostri concittadini delle campagne i quali invocano che risorga a nuova vita l’antico nostro orologio.

Concittadini!

Siamo certi che non invano abbiamo fatto appello a Voi, il cui affetto e il cui pensiero, con accorata nostalgia, aleggiano, attraverso gli spazii dell’Oceano, pe’ cari luoghi che vi hanno visto nascere!

Il Comitato: Cav. Uff. Giuseppe Palmieri Sindaco di Acri.

Geometra Dodaro Annunziato, Sacerdote Vittorio Falcone, Avv. Gennaro Capalbo, Avv. Cav. Luigi Iorio, Prof. F. Giuseppe Capalbo, Notar Matteo Talarico, Farmacista Giuseppe Milizia, Biagio Autieri Insegnante, Nicola Romano Ufficiale Postelegrafico, Lo Giudice Vincenzo calzolaio, Fedirico De Vincenti, Vincenzo Cirino, Dottor Giuseppe Marchianò, Vuono Giuseppe, Meringolo Luigi fu Angelo orologiaio, Avv. Iulia Antonio, Fusaro Francesco di Nicola sarto».

Il documento è privo di data ma, da una sbiadita lettera, indirizzata a Filippo Giuseppe Capalbo, datata: “Lomazzo 4.5.24” quanto riportato sarà stato diramato l’anno precedente o in quel 1924. Lomazzo, sede della “Premiata fabbrica Fontana Cesare”, è in provincia di Miano. Ecco la lettera:

«Egr. Sig. Capalbo

Sono per informarlo che la Ditta Fontana si è ritirata dal commercio. E dalla fabbricazione degli orologi e io ho rilevato la sua fabbricazione fabbricando sempre con il suo metodo e (illeggibile) speciale per la grossa orologeria.

Avendoli fatto un preventivo per l’orologio da istallare alla vecchia torre di Acri quall’ora si decidessero sono personalmente per servirlo del progetto fatto e di un magnifico orologio superiore a quello di S. Domenico.

Come per suo interesse, se volessero acquistare l’orologio da qualche altra fabbrica, la consiglio di non mettere una terza persona qualsiasi per l’acquisto, che evita al dente di rosicchiare nell’acquisto e è più servito bene e corretto, e come io così faccio nei miei affari che li faccio sempre direttamente, e scrupolosi.

Con stima la saluto

Emilio (illeggibile).

Non confondersi ne dubitare per la fabbricazione che è sempre la migliore fabbricazione essendo diciotto anni all’attuale mestiere».

La cosa, certamente, non andò in porto. Nella torre, infatti, vi è il vecchio ingranaggio, probabilmente riparato dal M° Francesco Rizzuto.

Ora quell’ingranaggio, prezioso per il congegno e l’antichità, ammirabile nei pezzi originali è fermo da anni. C’è da chiedersi: Come mai si è deciso di togliergli la parola, pardon, il rintocco?

Giuseppe Abbruzzo

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