Ansia per l’Ucraina e per il mondo intero
L’invasione russa dell’Ucraina rappresenta un fatto grave e allarmante, che va ad incrementare ulteriormente le nostre ansie e le nostre paure in un periodo già di per sé non facile. All’inquietudine per un’ondata pandemica non ancora risolta, si aggiungono oggi le nuove preoccupazioni per una guerra che, inevitabilmente, non si limiterà ai soli confini geografici dei Paesi interessati. L’Ucraina resiste strenuamente in una lotta impari ed è destinata a soccombere contro un nemico che ha deciso che quella parte del mondo – come tutte le aree sotto la sua influenza – non sono libere di autodeterminarsi e decidere del proprio destino. I carri armati russi fanno tornare alla mente altre invasioni non troppo lontane come quella dell’Ungheria del 1956 o quella, più recente, della Cecoslovacchia a fine anni ’60, che spense nel sangue la cosiddetta “Primavera di Praga”. L’emblema di quella rivolta resta l’immagine di Jan Palach, che si diede fuoco in Piazza San Venceslao per protestare contro quell’invasione. Tuttavia, nei casi appena citati, la popolazione e il governo locale non reagirono e la “normalizzazione” fu facile per l’ex Unione Sovietica. L’Ucraina di oggi resiste e si ribella contro quelli che vede come invasori e questo aspetto, forse, non era stato tenuto nel debito conto da Putin che sperava in una risoluzione lampo della questione. A fronte di una nazione che resiste, si registra il sostanziale immobilismo della comunità internazionale e soprattutto degli organismi preposti a mediare e intervenire legittimamente, in primis l’ONU, che avrebbe il dovere di intervenire per garantire corridoi umanitari e, soprattutto, come da più parti invocato, presidiare le centrali nucleari, sfiorate dalle bombe russe e che rischiano di riproporre una nuova Chernobyl con tutto il suo corollario di morte e sofferenza non solo per i Paesi direttamente interessati. La stessa UE e gli Stati Uniti restano sostanzialmente sordi agli accorati appelli del presidente ucraino, limitandosi a dichiarazioni di principio e sanzioni che rischiano di rivelarsi, per lo meno nel breve periodo, poco incisive. Quanto all’Italia, il nostro ruolo è talmente marginale che non compariamo nemmeno nei notiziari internazionali (BBC e CNN). Tuttavia, gli effetti di quel conflitto ci riguarderanno da vicino e sotto molti aspetti, a cominciare dalla lievitazione dei costi dell’energia e riscaldamento, per non parlare di materie prime essenziali per noi come alluminio e acciaio. Tacciono, fortunatamente, quei leader nazionali – Berlusconi e Salvini – che hanno sempre osannato Vladimir Putin come esempio di statista illuminato e esemplare. Sul piano più squisitamente sanitario, questa guerra rischia di ridare slancio a un’ondata pandemica che sembrava finalmente attenuarsi, a causa della necessità delle popolazioni civili ucraine di ammassarsi nei rifugi per sfuggire alle bombe. Gli effetti di questi assembramenti forzati si vedranno probabilmente nelle prossime settimane.
In sintesi, ce ne sarebbe abbastanza perché la comunità internazionale si decidesse a più incisive azioni comuni, atte a fronteggiare una minaccia che non si limiterà alla sola invasione dell’Ucraina. Questa guerra è anche un chiaro segnale per tutti: che nessuno provi a interferire e a frapporsi alle mire dittatoriali di un personaggio di difficile definizione e pericoloso. Profondamente ingenuo, poi, sarebbe sperare in un “motu proprio” della Russia, atto a sovvertire l’attuale regime. Il nostro pacifismo è assoluto; tuttavia, ci sono situazioni nelle quali, per difendere la pace, occorre reagire con decisione e fermezza. l’Europa e l’America devono per forza esercitare una maggiore pressione e un ruolo più determinante, se non altro in termini di supporto all’Ucraina e di accoglienza a chi fugge da guerra e orrori. In quel lembo di terra è in gioco ben più del destino di un Paese.
Massimo Conocchia