La lunga stagione di Mani Pulite

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Il 17 febbraio del 1992, Mario Chiesa, direttore del Pio Albergo Trivulzio di Milano, una casa di cura pubblica della città meneghina destinata ai meno abbienti, fu arrestato in flagranza di reato mentre intascava una tangente per pilotare gli appalti della struttura.

Ad ordinare l’arresto fu un magistrato della Procura di Milano, Antonio Di Pietro, componente di un pool di pubblici ministeri in forza nel medesimo Tribunale.

Si avviò, con quel fermo, una lunga e per alcuni tratti dolorosa vicenda giudiziaria che travolse, con una forza dirompente, l’intero apparato di corruzione politica ed istituzionale generatosi nella nazione.

I giornali coniarono i termini che rimasero impressi nella memoria collettiva e fanno parte della storia del nostro Paese: Mani pulite o Tangentopoli.

Storicamente, quelle indagini, connotate anche da un rilevante impatto mediatico, ed i fermi che ne conseguirono, portarono al crollo della cosiddetta “prima Repubblica”, ovvero di quel sistema sociale, politico ed economico sorto dalle ceneri della seconda guerra mondiale durato per quasi mezzo secolo.

Interi partiti facenti parte del “c.d. governo del Pentapartito” furono investiti con una potenza travolgente: la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Repubblicano, il Partito Liberale ed il Partito Socialdemocratico Italiano, uscirono dallo scenario politico con una rapidità fulminante.

Solo il Partito Democratico di Sinistra, nato dal disciolto Partito Comunista Italiano, fu parzialmente lambito dalle inchieste.

Non immune dalle indagini risultò il sistema imprenditoriale italiano, il cui intreccio con l’apparato corruttivo dei partiti, aveva garantito una gestione della cosa pubblica falsata ed opaca.

Evidentemente il male aveva colpito l’intera struttura istituzionale ed economica, pubblica e privata, del Paese e nessuno poteva ritenersi immune dalle tangenti. 

Emblematico del giudizio storico, rimane il discorso di Bettino Craxi alla Camera del 3 luglio 1992 per la fiducia al Governo Amato.

Il politico, divenuto immagine simbolica del regime partitocratico malato, giunto quest’ultimo oramai al capolinea, mosse accuse enormi all’intero apparato istituzionale italiano, mostrando quella polvere di malcostume che per decenni era stata nascosta sotto il tappeto dell’omertà politica.

Vale la pena ricordarne alcuni passi: “E tuttavia, d’altra parte, ciò che bisogna dire, e che tutti sanno del resto, è che buona parte del finanziamento politico è irregolare o illegale. I partiti, specie quelli che contano su apparati grandi, medi o piccoli, giornali, attività propagandistiche, promozionali e associative, e con essi molte e varie strutture politiche operative, hanno ricorso e ricorrono all’uso di risorse aggiuntive in forma irregolare od illegale. Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Non credo che ci sia nessuno in quest’Aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro”.

Cos’è rimasto di quella stagione?

Oltre 40 suicidi di persone coinvolte nelle indagini, spesso colpite da carcere preventivo prima dei processi, tra i quali l’ex presidente Eni Gabriele Cagliari e il presidente Montedison Raul Gardini. 

In cifre l’inchiesta Mani pulite ha visto oltre 25 mila avvisi di garanzia, 4.525 arresti, 1.300 condanne e patteggiamenti e 430 assoluzioni.

Politicamente, dopo Tangentopoli non solo è cambiata la nomenclatura, ma anche il modello dei partiti, sempre più chiusi in sé stessi, ed il metodo di fare e comunicare la loro proposta ed azione.

Dal punto di vista istituzionale, il cambiamento del sistema elettorale, con il c.d. Mattarellum, ha portato alla nascita di un bipolarismo sul modello anglosassone, con una politica debole che viene ciclicamente e sistematicamente commissariata, ora dalla magistratura ora dai tecnici.

In questo contesto, si assiste, da un trentennio, all’uso di un nuovo lessico della comunicazione politica, frutto della de-ideologizzazione dei partiti, in cui la costruzione del consenso è diventata prima televisiva e poi informatica, prodotti entrambi di una semplificazione del linguaggio che ama rivolgersi direttamente al popolo, senza strutturare la crescita della cultura politica dei cittadini e che ha generato, ancora ad oggi, l’esasperazione dello scontro, molto radicalizzato ed esacerbato dai social.

Economicamente, il sistema crollato, anche se intrinsecamente malato, presentava anche delle luci, legate alla difesa dell’interesse statale, attraverso un capitalismo nazionale, che vedeva i due principali partiti di maggioranza, la Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista, garanti dei questo bilanciamento.

La classe politica del post Tangentopoli ha virato, invece, verso la deregulation, la de-statalizzazione e le privatizzazioni, scelte queste che hanno portato a nuovi ed oscillanti scenari macroeconomici nazionali.

Alcuni nodi, legati a quella lunga e travagliata stagione risultano ancora irrisolti, aspetti che continuano a condizionare visibilmente la vita politica della Repubblica, tra cui l’assenza di un’organizzazione adeguata e partecipativa del modello partito, il ruolo e la funzione della magistratura, il populismo giustizialista di alcune forze politiche ed infine, la mancata sintesi degli attori su un sistema economico statale oggettivamente ancora instabile.

Angelo Montalto

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