Ricordando il Prof. Emanuele Salvidio
Abbiamo avuto il privilegio di conoscere e godere dell’amicizia del compianto Prof. Emanuele Salvidio, famoso ematologo e Direttore del Reparto di Ematologia del San Martino di Genova, che ha dato lustro ad Acri e che merita, pertanto, un ricordo e un omaggio. L’uomo, spesso, dimentica le cose buone, mentre è portato a rimarcare le cose brutte. “Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” recita un aforisma di un filosofo cinese. Ed è così, purtroppo. Noi di Acrinews, nella nostra incessante opera di valorizzazione del patrimonio locale, intendiamo oggi rendere onore e ringraziare Emanuele Salvidio – scomparso pochi anni fa – per avere dato lustro alla nostra comunità. Da Direttore dell’ematologia dell’importante centro ligure ha fatto da ponte per tanti viaggi della speranza, risolvendo non poche criticità e ridando il sorriso a molte famiglie. Sempre disponibile ai bisogni di chiunque e disinteressatamente.
Emanuele Salvidio era un Signore d’altri tempi, appartenente a una delle famiglie più in vista di Acri, che si era distinta per una serie di opere benefiche verso la nostra gente. La madre, Adele Giannone Salvidio, era stata colei che, sfruttando una struttura ricadente nella proprietà di famiglia, aveva portato la corrente elettrica ad Acri. La stessa madre, utilizzando una donazione dello zio, Francesco Giannone, aveva istituito l’Ente Giannone, che accoglieva bambini dai 5 anni in su. Un ente benefico, gestito per un lungo periodo dalla sorella di Adele, Assunta Giannone, “’A Signurinella”, così chiamata per essere nubile.
Forte di una tradizione familiare attenta ai bisogni della gente, il Prof. Emanuele Salvidio ha esercitato la sua professione guadagnandosi stima incondizionata da parte di Colleghi e pazienti. Nei suoi ritorni ad Acri, la sua abitazione era metà di non poche persone che a Lui si rivolgevano bisognose di diagnosi e cure e che trovavano sempre accoglienza e risposte. Il prof. Salvidio fu, inoltre, collaboratore di “Confronto”, sempre attento a ciò che accedeva ad Acri.
Lo abbiamo conosciuto verso la fine della sua esperienza terrena: era nato subito un rapporto empatico, del quale andavamo fieri. Una sera di Agosto 2007 fummo ospiti presso la sua dimora estiva, un meraviglioso palazzo settecentesco – costruito su identico progetto di un analogo esistente a Madrid – posizionato su una piccola altura presso il Villaggio Frassa di Corigliano, con una vista mozzafiato dello Ionio e del Golfo di Taranto. Una cena piacevole, alla fine della quale, mentre ci accompagnava alla macchina, ci espresse un desiderio che avrebbe voluto si realizzasse prima di morire: vedere intitolata alla madre Adele Giannone una via nella città natale e ci chiese se potessimo adoperarci in tal senso. Promettemmo solo che avremmo fatto il possibile. Ci adoperammo fermamente e caparbiamente ma quel progetto non approdò mai in Consiglio Comunale: l’opposizione di una forza politica, numericamente esigua ma determinante, vista la maggioranza risicata di allora, impedì che quel progetto si realizzasse e il Prof. morì senza vedere esaudito quel desiderio. Nella nostra città esistevano vie con nomi improponibili come via Ronzo (che in dialetto significa palude, pantano) ma, evidentemente, dare un nome a una benefattrice era considerata una cosa inopportuna. Di questo insuccesso sentiamo tutta la responsabilità, pur non entrandoci direttamente, e di questo esito poco felice ci sentiamo, oggi come allora, di chiedere scusa a un nobile uomo, sperando nella sua magnanimità.
Massimo Conocchia
Gentile Signor Conocchia,
pur ringraziandola delle cortesi parole nei confronti della mia famiglia e sebbene risponda al vero che essa si è sempre impegnata in opere di pubblica assistenza e di carità impegnandovisi di tasca propria (penso, ad esempio, alla istituzione, nel 1826, del Monte Frumentario di Acri, da parte del mio arcavolo Donato, o alla costruzione del ponte sul Moccone e della fontana di Via Roma, realizzati dal mio trisavo Salvatore, nel 1839 (fontana tenuta malissimo, come tante in Calabria), la creazione della centrale elettrica è stata una iniziativa prettamente imprenditoriale di mio nonno Gennaro, ossia mirante al profitto. Non un’opera di carità, quindi, anche se ha avuto indubbiamente un positivo impatto sociale. La centrale fu concepita e ideata interamente da mio nonno, che si ispirò ad analoga iniziativa avviata in Castrovillari da un facoltoso notaio di quella cittadina, negli anni 1913-1914. La mia, peraltro venerata e generosissima nonna Adele Giannone non vi ebbe ruolo alcuno, se non quello di sostenere, come ogni donna di buon senso farebbe, l’iniziativa del marito, in quanto innovativa, lucrativa, difficilmente emulabile per gli oggettivi limiti del territorio, e, dunque, utile alla famiglia prima che a chiunque altro. Se mia nonna fosse vissuta oggi, non si riconoscerebbe affatto in quella immagine di femminista ante litteram che le si è voluto appiccicarle addosso a proposito della Centrale di Caprarizzi. Ne sarebbe profondamente infastidita. La ringrazio anche delle cortesi parole con le quali ha voluto ricordare il Prof. Emanuele Salvidio e i suoi meriti in campo professionale ed umano. Nato diversi anni dopo la costruzione della centrale, giunse alla maggiore età durante la seconda guerra mondiale, un paio d’anni prima che il padre morisse. Tra le tante sue virtù, quel grandissimo affetto per la madre, che certamente traspare dai racconti sulla centrale elettrica che può averle riferito o che ha pubblicato. Cordialmente, Ascanio Salvidio
Gentile sig.r Ascanio Salvidio, La ringrazio per le puntualizzazioni e le notizie di prima mano, di cui sicuramente facciamo tesoro. Quanto alla sig.ra Adele, riportavo semplicemente il fatto, di cui il Prof. andava fiero, che si era spesa per portare la corrente elettrica ad Acri e mi sembrava giusto rimarcarlo. Lei precisa che tutto fu merito del marito e noi ne prendiamo atto. Il Prof. Salvidio vedeva evidentemente nella madre un ruolo più attivo il suo desiderio di vederle intitolata una via andava, evidentemente, nel senso di quel riconoscimento e di tant’altro, che pure abbiamo citato. E’ indubbio che quella iniziativa non poteva essere gratuita, resta il fatto che è stato un evento importante per Acri e mi sembrava giusto rimarcarlo. Così come giuste appaiono le sue puntualizzazioni, di cui ancora una volta la ringraziamo. I meriti del Prof. Salvidio, poi, sono stati acquisiti sul campo e frutto di una dedizione e di una professionalità non comuni, mi creda, e pertanto meritevoli di essere ricordati. Ringraziandola ancora per il suo intervento, la saluto cordialmente, Massimo Conocchia .
Gentilissimo Signor Conocchia, credo lei abbia, ora, assai ben colto i motivi di affetto che hanno indotto il Prof. Salvidio a riferirle ed a scrivere della storia della centrale del Moccone enfatizzando una vocazione imprenditiva di sua madre, che – in realtà – fu di mero sostegno ed incoraggiamento delle aspirazioni del marito, in piena coerenza con la tradizione familiare, che è quella per cui marito e moglie, nella nostra casa, sono un unico cuore che batte in due corpi distinti. Come riporta Vincenzo Molinari, che quella casa visse dal di dentro, tanto tempo fa. E come in Italia, il più civile dei paesi del mondo, avviene, del resto, da tre millenni. Cordialmente, Ascanio Salvidio
Un bel tacer non fu mai scritto.