La fame di energia
In un futuro non tanto prossimo, si assisterà ad una rapida quanto crescente domanda di energia elettrica su vasta scala mondiale.
I sistemi di mobilità elettrica stanno diventando sempre più diffusi, a fronte di un aumento della popolazione mondiale cherichiede maggiore domanda di condizionamento d’aria, conseguente all’incremento delle temperature del pianeta e che utilizza fortemente dispositivi elettronici.
Uno degli obiettivi strategici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), in linea con il Green Deal lanciato dall’Unione Europea a fine 2019 con l’obiettivo di raggiungere il neutralismo climatico in Europa entro il 2050, è rappresentato dalla Rivoluzione verde e transizione ecologica, scopi per i quali solo la Missione 2 del Piano, prevede lo stanziamento di 59,46 miliardi di euro.
Di fronte a questa fame di energia, a cui si cerca responsabilmente di rispondere con la produzione green, la domanda nasce spontanea.
Sarà realisticamente possibile raggiungere un sistema di neutralità climatica nei tempi attesi?
Secondo le previsioni della EIA, la United States Energy Information Administration, agenzia statistica e analitica del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America, nel periodo 2018-50, l’aumento nella produzione di energia rinnovabile a livello mondiale non sarà sufficiente nemmeno a compensare la crescita dei consumi.
Il fenomeno produrrà l’aumento dei consumi di petrolio, gas naturale (+ 40% nel periodo di riferimento) e persino carbone.
In questo contesto globale, con la prospettiva di procedere alla rapida decarbonizzazione delle fonti energetiche, la fissione nucleare continuerà a svolgere, di fatto, un ruolo importante a livello mondiale nel fornire il carico di energia di base alle popolazioni e mitigare, per quanto possibile ed auspicabile, i rischi dovuti ai cambiamenti climatici
Solo nell’Asia, sono attualmente in costruzione decine di nuove centrali nucleari che rimarranno operative per alcuni decenni.
Nel Continente europeo, la Francia è da tempo la principale potenza nucleare.
Nel presentare la strategia “Francia 2030”, il presidente Macron ha anticipato la costruzione di un piccolo reattore nucleare di nuova generazione in grado di sostenere la produzione di energia del paese in vista della transizione verde.
Attualmente, la Cina controlla una capacità nucleare pari a circa 50 GW, con altri 17 GW in fase di costruzione, mentre gli Stati Uniti, con 94 reattori operativi, sono in grado di generare circa 96 GW di energia nucleare. La Francia, nonostante un’economia di dimensioni molto più ridotte, conta attualmente su una produzione di energia nucleare maggiore della Cina, pari a circa 64,4 GW prodotti da 57 reattori.
Guardando oltre all’immediato futuro, i paesi più sviluppati, Europa compresa, hanno avviato dei progetti di ricerca su una nuova fonte energetica, la fusione nucleare.
L’obiettivo dichiarato è quello di creare un mix di fonti energetiche, in grado di garantire un sistema di sostenibilità reale nel lungo periodo.
Diversi paesi economicamente avanzati, stanno investendo nello sviluppo di energia da fusione nucleare collaborando alla costruzione del primo reattore sperimentale a fusione.
Le ipotesi, al netto degli attuali traguardi raggiunti dalle tecnologie in questo campo e considerando gli imponenti livelli di investimenti finanziari da realizzarsi nel medio-lungo periodo, prevedono l’avvio della produzione di energia elettrica da fusione nucleare nella seconda metà del secolo.
Secondo le analisi effettuate, diversi sono i vantaggi che giustificano l’interesse per l’energia da fusione.
Si tratta, primariamente, di una tecnologia che impiega una risorsa virtualmente illimitata.
Per ottenere le reazioni di fusione, infatti, è necessario riscaldare due isotopi dell’idrogeno, il deuterio (D) e il trizio (T), a temperature di circa 100 milioni di gradi (una temperatura più elevata di quella registrabile nel nucleo solare), sostanze di cui l’acqua di mare è talmente ricca da consentire al pianeta di mantenere gli attuali consumi per alcune decine di milioni di anni.
Oltre a ciò: l’ampia disponibilità, trattandosi di una risorsa uniformemente distribuita e utilizzabile da tutti i popoli del mondo, azzererebbe i rischi di conflitti geopolitici; la reazione su cui si basa non produce CO2; è intrinsecamente sicura grazie alle ridotte quantità di materiali radioattivi utilizzati; è pulita, in quanto la reazione di fusione produce solo una piccola quantità di scorie radioattive che rimangono tali solo per alcuni decenni.
A livello internazionale, il primo esperimento sarà quello del reattore Iter, in costruzione a Cadarache in Francia.
Evidentemente il percorso è essenzialmente lungo, ad oggi nella fase di studio di fenomeni e strutture particolarmente complessi dal punto di vista scientifico e tecnologico, risultando legato, nel suo prosieguo, alla volontà politica di procedere verso un modello di produzione finanziariamente impegnativo e collegato, in termini di penetrazione nel mondo reale, alle condizionieconomiche dell’energia prodotta.
Ma, se davvero si intende perseguire l’obiettivo di una sostanziale decarbonizzazione del pianeta, dovranno seriamente essere prese misure utili a generare un mix di produzione da fonti alternative, in funzione anche di una possibile capacità di accumulo dell’energia prodotta.
Angelo Montalto