Gli ottant’anni di un amico e Maestro
Ottant’anni, oggi, sono un traguardo tutto sommato accessibile e, quindi, non un motivo per scriverne. Abbiamo deciso di derogare per sottolineare il genetliaco di un vero signore, oltre che fraterno amico e, per noi ma non solo per noi, maestro di vita e di arte medica. Pasquale Iulia compie ottant’anni, essendo nato il 2 gennaio del 1942. Dopo gli studi liceali nel Collegio di San Demetrio Corone, si iscrisse a medicina presso l’Università La Sapienza di Roma, conseguendo la laurea a soli 25 anni.
Pasquale, sull’esempio paterno, ha esercitato la professione con umiltà e passione ma soprattutto con grandissima professionalità e rara maestria, divenendo ben presto punto di riferimento di ognuno, che, indipendentemente dal fatto che fosse o meno suo assistito, a lui si rivolgeva trovando sempre grande disponibilità. Una cultura non comune, una grande umanità, l’assenza di superbia hanno permesso che egli penetrasse nel cuore di ognuno. Ancora oggi, che non esercita da 11 anni, è amato e rispettato per le sue doti e le sue qualità. Il presente omaggio, unito agli auguri di lunga vita, è nient’altro che un doveroso atto da parte dell’ultimo dei suoi discepoli, che da lui ha appreso tanto, non solo sull’arte medica ma sulla vita e sul modo di affrontarla. Eravamo assistiti del padre e abbiamo avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo fin da infante. Crescendo, poi, lo abbiamo visto via via come fonte a cui attingere a piene mani. Ricordiamo ancora l’incontro decisivo per la nostra vita: era il 1983. Appena diplomati, ci recammo da lui per chiedergli consiglio sulla scelta della facoltà in un periodo non facile dal punto di vista delle prospettive occupazionali e non solo. Da quell’incontro uscimmo determinati e convinti.
Via via che le nostre strade si intersecavano, ci rendevamo conto dell’enorme privilegio che avevamo nel godere di una persona prodiga di consigli e di sostegno che, in più occasioni, sono stati determinanti. Fra le tante qualità di questo grande medico e grande uomo c’è senz’altro una profonda onestà intellettuale e una correttezza di fondo, che gli ha imposto di camminare in punta di piedi sul sentiero della vita, lasciando ovunque il profumo del suo passaggio. Ha sempre agito senza enfasi, senza alzare la voce, forte di un’autorevolezza che veniva da un modo di essere, prima ancora che da uno status. “Ricordati sempre – ci ammoniva – il cane più piccolo abbaia più forte, quello grande non ne ha bisogno. Un uomo sicuro di sé non ha bisogno di dimostrare di esserlo”. Uscito dall’Università abbiamo imparato i primi rudimenti di un mestiere difficile proprio da lui, che, senza superbia, ci trasmetteva quotidianamente gli elementi essenziali per approcciarsi al paziente, mai dando nulla per scontato ma trasmettendo decenni di esperienza in maniera naturale e generosa. Lo guardavamo incantato, mentre sognavamo un giorno di assomigliargli. Crescendo, ci rapportavamo con lui la sera, in lunghe telefonate, nelle quali gli parlavamo, tra l’altro, di un intervento complesso o di un caso particolare. Per svariate centinaia di interventi cardiochirurgici da primo operatore, molti dei quali riguardanti suoi assistiti, non infrequentemente discutevamo e ci rapportavamo con lui. Da quei colloqui provenivano sempre consigli di buon senso e saggezza, che erano per noi momenti di confronto essenziali.
Potremmo parlare della sua cultura non comune, che lo spingeva a leggere e interessarsi di tutto, del suo amore per D’Annunzio, persino di alcuni suoi giudizi su alcuni periodi storici che non sempre ci vedono concordi ma che ci danno la misura di un “hombre vertical” che ha sempre avuto il coraggio delle proprie idee.
Per tutto questo, e molto altro ancora, ci sentiamo oggi di dirgli GRAZIE, augurandogli al contempo una vita ancora lunga e piena di gioie. Se lo merita!
Massimo Conocchia