Pietro Bailardo, chi era costui?

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Pietro Bailardo! Al sentire questo nome tanti si saranno chiesto, come il personaggio di manzoniana memoria: – Chi era costui? -.

I nostri antenati lo conoscevano bene, per tradizione orale, tanto da coniare un famoso strambotto:

‘Un ci sia nullu chi si fazzi mastru,

cà ugnùnu lu po’ pàtari ‘n errùru,

cà fozi Bajadàrdu magu e mastru

e puru morì ‘mpintu a ‘nu ritunu.

Ora perfino lo strambotto è stato dimenticato, anche se era di uso comune fino agli inizi del secolo scorso.

I nostri antenati lo usavano per sottolineare che nessuno potesse vantarsi d’essere infallibile, capace, esperto perché la storia insegnava che, perfino, un potentissimo mago, qual era Bailardo, avesse potuto fare una fine sciocca.

Chi era Pietro Baialardo o Barliario o Berliario? Era mago e maestro famoso, si diceva, in possesso di un libro magico e in combutta col diavolo. Si diceva fosse un Nivurumàntu (Negromante).

Per essere più precisi cediamo al Bulifon, che ne scrive, nelle Lettere memorabili (Napoli, 1616): “L’antica tradizione ripose Pietro fra gentiluomini di Salerno discendenti dai Principi Normandi, traendosi la sua genealogia da Tancredi conte di Altavilla. Pietro si diede alla filosofia ed alla magia, dove si rendè più oscuro che illustre, perciocché comandava gli spiriti, si avanzò la reproba fama del suo nome in quella diabolica scienza, e godeva tenerne pubblica accademia, allora che in Salerno stava aperta la porta di tutte le discipline: raccontano di lui cose stravaganti, ed il volgo suole anco accoppiarvi delle favole”.

Pietro era, perciò, ritenuto mago, ma è da credere che fosse solo alchimista e, in quei tempi, l’alchimia (semplici esperimenti scientifici) era ritenuta magia. Va detto, per avere contezza dei tempi, che il nostro “mago” dovrebbe essere nato il 1056.

Il citato autore ci informa, ancora: “Il fine della vita e la professione di Pietro si ha da un antico libro conservato dai Padri di S. Benedetto, oggi Olivetani, e cosi comincia, Anno Domini MCXLIX die XXV Martii: Petrus Berliarints Salernitanus Doctor in omni scientia, et praesertim Lector artes Negromantiae operam dedisse, cum multos annos legisset, et ad aetatem annorum nonaginta trium pervenisset et cum jam multos discipulos suos aberrare vidisset, poenitet se negromuntiae etc etc E questo atto di professione steso da frate Roberto Abate del Monistero attesta che Pietro visse 93 anni, sei mesi ed 11 giorni, lasciando di molti beni in retaggio alla Chiesa”.

Non si dice come morì. Aver raggiunto i 93 anni all’epoca era un record. Certamente, però, non morì impigliato in un retone di quelli usati, un tempo, per trasportare la paglia a dorso d’asino o di mulo.

Il Bulifon informa che Pietro fu seppellito davanti l’altare del Crocifisso di Salerno, dove si era convertito. Nel 1590 i resti, insieme a quelli della moglie e di due nipoti furono trasferiti nel muro dell’ala sinistra della chiesa. Il nostro autore riporta che su quel muro si leggevano le seguenti iscrizioni: Hoc est sepulcrum magistri Petri Barliarii; per la moglie: Agrippina in pace. Ricordavano i nipoti solo i nomi; Fortunatus et Secondinus.

Questo chiarisce lo strambotto riportato in apertura e che a qualcuno sarà sembrato sibillino.

Lo è, infatti, per chi non razzola fra vecchi libri dove si trovano, fra l’altro, notizie di Baiadàrdu magu e mastru.

Giuseppe Abbruzzo

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