Un altro Natale all’insegna di speranze e incertezze

Ci stiamo preparando ad affrontare il secondo Natale all’insegna della pandemia, che non accenna a lasciarci. Lo scorso anno le paure, in piena seconda ondata, erano soprattutto per l’incipiente variante inglese e sui timori che quest’ultima non fosse sensibile ai vaccini che stavano per arrivare.

Quest’anno taglieremo il panettone sotto l’onda, per fortuna contenuta grazie ai vaccini, di una quarta ondata, nella quale la variante indiana è stata prevalente. I vaccini ci hanno permesso di affrontare la seconda parte dell’anno con tranquillità e senza intasare le strutture sanitarie, già lungamente provate.

Il Natale che sta per arrivare non sarà ancora come quelli cui eravamo abituati ma, riteniamo, sicuramente meno convulso e con la possibilità di vivere momenti di  sensata convivialità, che il covid ci aveva tolto. L’approssimarsi di nuove e più temibili varianti, come la recente sudafricana, sottolinea l’importanza di una vaccinazione su scala globale prima che le mutazioni rendano il vaccino inefficace.

Ognuno di noi dovrebbe interrogarsi su cosa sia realmente importante nella vita e cogliere l’occasione di questa festa per recuperare i valori più profondi, quelli che danno un senso al nostro essere nel mondo. Bisognerebbe interrogarsi su ciò che conta realmente per ognuno: la salute, gli affetti, la possibilità di vivere dignitosamente, porsi obiettivi commisurati alle nostre possibilità. Spesso l’infelicità nasce dal divario tra ciò che abbiamo e ciò che desideriamo. Essere insoddisfatti del proprio stato, guardare nel campo altrui, porsi costantemente obiettivi smisurati sono, assai frequentemente, causa di infelicità e malessere. Ritornando al Natale presente, il modo in cui molte vite sono state portate via da un virus subdolo, lontano dagli affetti più cari, trasportati da camion verso forni lontani, dovrebbe farci apprezzare la possibilità che ci è data di potere rivedere, con responsabilità e attenzione, i nostri cari, passare con loro momenti di intimità, piuttosto che spingerci ad affollare piazze per spargere odio, violenza e contagi. Il Natale, questo in special modo, dovrebbe portarci a valorizzare maggiormente la dimensione privata, il recupero degli affetti. Solo così usciremo rafforzati dall’esperienza terribile che abbiamo e stiamo ancora in parte vivendo. Siamo convinti che da questa esperienza potrà nascere un’umanità migliore, più responsabile e cosciente. Un uomo nuovo, insomma, che capisca, finalmente, che le azioni di tutti noi sono alla base del futuro nostro e dei nostri figli e che ciò che facciamo o non facciamo può avere conseguenze pesanti su tutti. Sebbene non completamente chiarito nella sua vera origine, questo virus  rappresenta, verosimilmente, l’effetto di azioni scarsamente ponderate dell’uomo, per lo meno nel sua diffusione e, in parte, sugli effetti devastanti che ha avuto in alcune aree.

Recuperare il vero significato del Natale dovrà significare, anzitutto, rivedere le nostre priorità e recuperare, insieme agli affetti più cari,  un senso di solidarietà perduto che, nel caso specifico, non potrà prescindere da una visione meno individualistica della vita. Natale non è fatto solo di luci scintillanti, di doni sotto l’albero. Assai spesso nel recente passato, abbiamo dimenticato che si festeggia un bambino nato in una stalla al freddo e al gelo in conseguenza dell’egoismo e dell’ingordigia dell’uomo.  Una carezza in più ai nostri figli, grandi o piccoli che siano, dire una volta in più “ti voglio bene” alle persone care, può servire sicuramente al recupero del significato del Natale. Ignorare tutto questo rischia, ancora di più, di trasformare questa festa in un puro e monotono esercizio commerciale e di marketing, cui non riusciamo a rinunciare.

Massimo Conocchia

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