Il prossimo Presidente della Repubblica

L’approssimarsi dell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica sta tenendo banco nel dibattito politico dell’ultimo periodo.

L’appuntamento, si intreccia con la delicata fase istituzionale del Paese, retto da un Governo di ampia e variegata maggioranza parlamentare, laddove convivono forze e partiti di diversa estrazione politica.

La pandemia e la crisi economica e sociale che ne è scaturita, in costanza di un’indiscutibile debolezza politica del governo Conte bis, ha comportato la nascita dell’attuale governo Draghi che, sotto l’egida del Presidente Mattarella, è risultato il solo ed unico modulo adatto a garantire l’attuazione del PNRR.

Lo scioglimento delle Camere e l’indizione di nuove elezioni per il rinnovo del Parlamento, realisticamente, non rappresentavano un’ipotesi praticabile sul campo.

Da tutte le forze politiche pervengono messaggi di responsabilità istituzionale, di condivisione della futura scelta, di valutazione serena delle figure che saranno messe sul tavolo quali candidati alla massima carica dello Stato.

Ma si sa, una cosa sono gli auspici, con cui si maschera una sorta di ipocrisia politica, un’altra è l’effettività della vicenda, dove si assiste ad un continuo lavorio per garantirsi l’elezione di una personalità che rappresenti l’uno o l’altro schieramento.

Il centro-sinistra, forte di un’azione costante degli ultimi anni che lo ha visto di fatto individuare il capo dello Stato, spera anche in questa occasione di poter essere determinante per la nuova elezione.

Oggettivamente il quadro politico rende il compito più arduo rispetto al passato, in quanto il PD, traino dell’attuale coalizione di area, non può contare su quel consenso largo che lo ha visto primeggiare nelle recenti indicazioni del Presidente della Repubblica.

Diversamente il centro-destra, rimasto sistematicamente fuori negli anni dall’effettiva scelta, salvo poi votare in Parlamento il candidato per dovuta responsabilità istituzionale, sogna di poter proporre, per la prima volta dalla sua costituzione, un nuovo Capo della Stato espressione della sua area politica.

Sarebbe per loro non solo la prova di poter finalmente ambire alla rappresentanza della massima carica dello Stato, ma anche l’espressione di una forte legittimazione democratica ed istituzionale che lo potrebbe proiettare al Governo del Paese.

Non sono da trascurarsi però dei fattori decisivi.

Effettivamente, le attuali grandi manovre, sti stanno svolgendo con allo sfondo un’operazione di ricomposizione del quadro politico anche verso il centro.

Venuto meno questo Governo, inevitabilmente, si dovranno trovare nuove maggioranze che saranno dettate da una necessaria nuova legge elettorale.

Allora, meglio prepararsi per il futuro, facendo valere in questa fase la propria forza politica.

Ma a prescindere da ciò, quello che non deve sfuggire è l’elemento più determinante.

La scelta che farà Mario Draghi.

Se infatti, l’attuale Presidente del Consiglio deciderà di correre per le elezioni del Capo dello Stato, il corrente fervore risulterà inutile perché varrà il vecchio brocardo latino decisivo di ogni possibile scelta: tertium non datur.

Angelo Montalto

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