Aperta la corsa per il Quirinale: molte incognite e qualche allarme
Si è ufficiosamente aperta la corsa per individuare il successore di Sergio Mattarella a capo dello Stato. Come consuetudine, tranne che in due occasioni, si tratta di una partita giocata sottobanco, nella quale franchi tiratori e giochetti più o meno puliti la fanno da padrone. In questo caso, però, la corsa al Quirinale si tinge di varie tonalità e nella definizione degli schieramenti si nascondono abbozzi embrionari di future coalizioni. Il Centro destra, all’interno del quale Italia Viva sembra essersi agevolmente integrato, prova il colpaccio proponendo Silvio Berlusconi. Dalla quarta votazione in poi, paradossalmente, ci sarebbero persino i numeri per quella che riteniamo una scelta sommamente inopportuna. Il Centro Sinistra, con Giuseppe Conte, prova a disinnescare alcune mine, proponendo Mario Draghi e, al contempo, rassicurando deputati e senatori – terrorizzati da una fine anticipata della legislatura, che non garantirebbe loro l’assegno – sul fatto che questa scelta non comporterebbe il ritorno anticipato alle urne.
Indipendentemente dalle posizioni rispettabilissime di ognuno, riteniamo che la scelta del Presidente della Repubblica debba ricadere su personalità di alto profilo e specchiata moralità. Proporre, e tentare di eleggere, chi negli ultimi trenta anni è stato oggetto di vicende giudiziarie le più varie e dagli esiti più compositi, riteniamo essere una scelta deprecabile e un pessimo segnale, non solo in Italia ma anche all’estero. Ignorare le vicende personali e politiche di un candidato, sostanzialmente premiandole con l’elezione alla massima carica dello Stato, equivarrebbe a lanciare un messaggio sommamente sbagliato.
Lo stesso discorso potrebbe valere per candidati in pectore, i cui nomi cominciano ad affacciarsi, appartenenti a pieno titolo sia alla prima che alla seconda repubblica, che, dopo essere stati fedeli collaboratori di personalità politiche di difficile definizione – il cui giudizio è ormai consegnato alla storia –, si sono abilmente riciclati ma che, salendo oggi al Quirinale, apparirebbero inevitabilmente come un segno di rivalsa da parte di un passato – in realtà mai veramente passato – che vorremmo fosse sepolto sotto le ceneri di pagine non esaltanti della nostra storia.
Che fare dunque?
Anzitutto tentare di intercettare mine vaganti, che potrebbero innescarsi a partire dalla quarta votazione, e proporre personalità di alto profilo, non necessariamente appartenenti al mondo politico ma anche alla società civile, sicuramente più dotata di individualità spendibili e meno usurate. La carta di Conte, ossia il tentativo di proporre l’attuale presidente del Consiglio per frenare l’avanzata di Berlusconi al Colle, appare, allo stato delle cose, poco credibile. La maggior parte dei deputati tremano all’idea di una fine anticipata della legislatura – che impedirebbe per molti non solo la rielezione, in forza della riduzione del numero dei parlamentari, ma anche la maturazione dell’assegno – e le rassicurazioni in tal senso circa il non ritorno alle urne non appaiono sufficientemente solide. Meno che mai proponibile è la proposta Giorgetti, incentrata su un semipresidenzialismo de facto, in virtù del quale l’attuale premier continuerebbe, dal Colle, a guidare il governo.
Personalmente, riteniamo siano maturi i tempi per l’elezione di un personaggio della società civile, magari una donna, ma dubitiamo si attingerà da questo bacino. Fra i politici, l’unico nome degno che ci viene in mente è Pierluigi Bersani, persona pulita, competente. Da ministro è stato un vero innovatore e molti dei suoi provvedimenti hanno contribuito a svecchiare il nostro sistema. Come qualcun altro, è stato marginalizzato e fatto fuori da una certa politica, che ama liberarsi delle energie migliori per continuare a sguazzare nel marciume. Sarebbe un bel segnale ma, anche questo, riteniamo abbastanza utopistico.
Massimo Conocchia