Complottismo e negazionismo in un Paese che tenta di ripartire

Era una calda domenica autunnale, un timido sole illuminava una tiepida giornata, che invitava a stare all’aria aperta. Ci sedemmo su una panchina del centro cittadino sfogliando un libro appena acquistato. Improvvisamente, un corteo rumoroso invade le strade con un seguito di qualche centinaio di persone, molte delle quali indossavano una sorta di telo a strisce bianche e beige, che ricordava vagamente quello degli internati nei campi di concentramento nazista. Una sentimento di incredulità lasciava gradualmente il posto a una o duplice di rabbia e confusione. Non capivamo quel micro esercito sgangherato, meno che mai le loro grida (“libertà! Libertà!). Il parallelismo con le vittime della follia nazista, da loro stessi evocato, suscitava un sorriso di compassione per come avessero deciso inopinatamente di utilizzare una triste pagina della storia per male adattarla a una condizione presente nemmeno lontanamente paragonabile. E’ come se, in quel momento, ci trovassimo a sbucciare una cipolla: i primi veli sono sostanzialmente innocui, poi, man mano che si procede e si avanza verso gli strati più interni, si sprigionano i fenoli, sostanze contenute all’interno dell’ortaggio, che fanno piangere. La metafora non sembri azzardata, dopo lo stupore, la sensazione di tristezza era davvero notevole. Un anziano signore, rivolto a uno dei più agguerriti, gli chiese il perché di questa pagliacciata, quale libertà veniva negata, quella di infettarsi e contagiare gli altri? Quella di cercare di evitare che si intasassero nuovamente gli ospedali, ripiombando in quella paradossale situazione che aveva impedito a più d’uno di accedere a cure primarie per via della saturazione degli ospedali causa covid? Il manifestante lasciò per un attimo il corteo, si avvicinò minaccioso all’anziano dicendogli di ringraziare il cielo per la sua età avanzata, altrimenti si sarebbe risolta diversamente. “Io vi pongo delle domande e voi minacciate di usare le mani? Sarebbero queste le vostre ragioni? Vergognatevi!”. Il manifestante, probabilmente frenato anche dalla presenza di altre persone, decise di abbozzare e riprese la sua corsa.

Riprendemmo a farci coccolare da quel sole autunnale mentre la nostra mente, inevitabilmente, correva. Le immagini di quel signore di età avanzata, che probabilmente aveva anche visto tempi nei quali le libertà erano realmente negate, ripopolavano i nostri pensieri e inutili risultavano i tentativi di pensare ad altro. Il coraggio di quell’uomo che inveiva contro un corteo agguerrito era forse l’espressione di alta di come la maggioranza delle persone cerchi, nel rispetto delle regole e dei sistemi di prevenzione, un ritorno alla normalità, mentre un manipolo di gente colga l’occasione per sputare la propria rabbia contro il mondo intero, reo di non sintonizzarsi con il suo modo di essere. Addirittura, tra le sciocchezze che si sentono da parte di questi complottisti nostrani è che col vaccino si inoculino dei sistemi per controllare meglio le persone e i loro movimenti: follia e stupidità allo stato puro, mista a malafede, allo scopo di confondere le persone più genuine. C’è anche qualche personaggio pubblico che, più o meno consapevolmente, spalleggia questi propugnatori di cavolate. I vaccini hanno cambiato la nostra storia recente e permesso di debellare molte malattie mortali fino a 60 anni fa. Ce n’è abbastanza perché si smetta di sbucciare la nostra cipolla, man mano che si procede, il pianto scorre a fiumi.

Massimo Conocchia

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