Dispersi
Ogni anno a causa dell’abbandono scolastico nella scuola italiana perdiamo circa 120mila studenti. Nel 2020 il dato è molto peggiorato: 15-20 mila di questi li perdiamo nelle scuole medie, 1 studente su 7 ogni anno. Il fenomeno però non riguarda più solo le famiglie più fragili ma è divenuto un trasversale dal punto di vista sociale e la pandemia lo ha enfatizzato.
Una delle priorità dell’UE nel campo dell’istruzione era di ridurre l’abbandono scolastico a meno del 10% entro il 2020 in tutti gli Stati membri dell’UE. La situazione per l’Italia fino al 2017 sembrava migliorare ma poi è di nuovo peggiorata e ora siamo ancora lontani da quel risultato (è di più del 13% attualmente il tasso di dispersione del sistema scolastico italiano). Nel 2020 l’Italia si è collocata al quart’ultimo posto tra i 19 paesi Ue per abbandono scolastico tra i giovani tra 18 e 24 anni, dopo di noi solo Romania, Malta e Spagna. La pandemia ha ingrandito il dato.
Le cause della “fuga” dalla scuola sono molte, principalmente culturali, sociali e economiche: i ragazzi e le ragazze che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con un basso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di fermarsi prima di aver completato il percorso di studi che li porta a conseguire almeno il diploma e spesso l’abbandono è causato da una insoddisfazione per l’offerta formativa disponibile, gli studenti si annoiano a scuola! Uno dei rapper molto noto tra i più giovani (è stato anche in concerto ad Acri la scorsa estate) Il 3, nelle scorse settimane in un colloquio con i suoi follower su Istagram diceva testualmente “la scuola non ti insegna a stare al mondo”. Ora mettendo da parte i pregiudizi sul rap o sui social mentre lui diceva queste cose era seguito da 1.304 (immaginiamo giovani e giovanissimi). Prendiamo sul serio quanto dice Il3, cosa non funziona? Perché un ragazzo o una ragazza di 15/16 anni si trova a concordare con lui? Sarebbe interessante saperlo! Già solo ascoltare quelle ragioni e accoglierle potrebbe fare bene alla scuola.
Il rapporto Eurostat 2021 a livello europeo mette in guardia il sistema scolastico italiano e molto ampio il dibattito sul tema in queste ultime settimane. Lo scrittore/insegnante Marco Lodoli ha raccontato del dolore di vedere un banco scolastico che si svuota, ha raccontato la storia di Veronica, una ragazza di scuola superiore che “sparisce” dalla vita scolastica (https://www.ilfoglio.it/scuola/2021/11/06/news/storie-ordinarie-ma-drammatiche-di-abbandono-scolastico-3312792/), il sottosegretario all’istruzione Marco Campione gli ha risposto allargando il tema sul disagio scolastico (https://www.ilfoglio.it/lettere/2021/11/05/news/gli-abbandoni-scolastici-e-la-lode-che-meritano-comunque-i-prof–3334490/). Uno speciale di radio 3 del 5 novembre scorso (che invito a ascoltare) esplora le diverse posizioni con interventi autorevoli, tra cui Marco Rossi Doria (https://www.raiplayradio.it/audio/2021/10/TUTTA-LA-CITTA-NE-PARLA-05d27c75-e309-4c27-bba3-963fdbb9de6f.html) che invita a riflettere sul fatto che più di 1 terzo degli studenti italiani sono a rischio di fallimento formativo. Il fallimento formativo è l’anticamera del fallimento sociale e civico.
Ancora 2 questioni. La prima riguarda il fatto che la dispersione si crea dentro e fuori la scuola. La scuola non è per tutti, lo è ancora di meno quando incoraggia la competizione e la selezione, pratiche che scoraggiano i più fragili, i meno avvantaggiati. In Italia le famiglie spendono più di 1 miliardo per le ripetizioni (nelle superiori del nord il dato pesa di più), fenomeno che crea una doppia velocità: le famiglie che possono e non possono sostenere le ripetizioni. La seconda cosa riguarda i dati sui Dsa. Accanto alla persistenza della negatività dei numeri sulla dispersione aumentano anche i casi di diagnosi di Dsa che si attestano sul 3,2% della popolazione scolastica (parliamo di scuola pubblica), con una maggiore incidenza nel Centro-Nord e con una percentuale inferiore nel Sud, territorio, com’è noto a più alta dispersione scolastica, (il che fa supporre anche una minore probabilità che gli alunni del sud con difficoltà di apprendimento vengano segnalati ai Servizi sanitari). La pandemia ha aumentato il gap tra i diversi strati sociali in tutto il territorio italiano, per cui la previsione è di un aumento sia della dispersione scolastica sia delle segnalazioni (e certificazioni) per Dsa. Come fare per coniugare inclusione efficace degli studenti con Dsa e lotta alla dispersione scolastica? I due temi sono certamente legati e certamente la scuola è investita da questioni emergenti e complessi da affrontare.
Per fronteggiare il fenomeno contano le innovazioni nelle pratiche educative, conta una collegialità progettuale nelle scuole, conta il coinvolgimento attivo delle famiglie, conta una dirigenza lungimirante, inclusiva e aperta ai cambiamenti, conta la capacità di ascolto di nuove generazioni che sono immerse in stimoli, interessi e visioni da cui spesso la scuola è assente. Tutte sfide che divengono ancora più cruciali nelle scuole del sud. Spesso non sono le competenze a mancare, è da coltivare piuttosto l’orchestrazione tra i docenti in una progettualità inclusiva, innovativa e interessante per gli studenti.
Il PNRR ha tante risorse per il contrasto alla povertà educativa, forse le risorse a volte sono destinate di più al rafforzamento delle discipline e meno alla formazione degli insegnanti per le competenze pedagogiche, psicologiche, didattiche e per l’accoglienza delle emozioni. Bisogna accompagnare gli insegnanti a supportare attivamente i giovani che vanno ascoltati come persone e non solo come “studenti”. Bisogna sostenere gli insegnanti, formarli all’empatia e a traslare le singole discipline nella vita, nell’esperienza, negli interessi quotidiani dei più giovani, spesso molto più vitali di quanto si creda.
Assunta Viteritti