I danni indiretti del Covid: le nuove povertà

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Tra gli effetti indiretti del Covid c’è sicuramente un’ulteriore polarizzazione sociale, con aumento della schiera di coloro che faticano a sbarcare il lunario. E lo diciamo malgrado alcuni indicatori ci dicano che l’economia migliora, a cominciare da i dati del PIL, tra i più alti che riusciamo a ricordare. I lavoratori occasionali, coloro che lavoravano nel settore della ristorazione, del turismo, dello spettacolo, solo per citarne alcuni, si sono ritrovati, di colpo, in una situazione di oggettiva difficoltà, solo in parte attenuata dal reddito di cittadinanza, misura che – non ci stancheremo mai di ripeterlo – appare tra le più incisive e utili degli ultimi anni. Per avere un’idea di come l’ondata pandemica abbia cambiato la geografia socio-economica del nostro Paese, basta guardare all’aumento che, nell’ultimo anno e mezzo, c’è stato fra coloro che usufruiscono di misure di sostegno alimentare. Le mense gestite da Enti benefici nelle grandi e medie città offrono un quadro  quanto mai incisivo sul disagio sociale crescente. Verso le undici del mattino, sui marciapiedi  antistanti l’ingresso delle mense comincia a formarsi una coda silenziosa e ordinata di gente, quanto mai composita riguardo ad età, origine, accomunata da un crescente bisogno, a partire dall’essenziale. Accanto ai clochard, agli extracomunitari, ad alcuni anziani, si possono osservare giovani italiani, di colpo piombati in una condizione tale da non riuscire a garantirsi un pasto quotidiano. In qualche caso si possono osservare trentenni, decentemente vestiti, che si recano a ritirare la busta col pasto per se stessi e per altri componenti della famiglia. Osservare queste scene e ripensare ai detrattori di quelle poche misure di sostegno sociale in essere fa salire un senso di rabbia, che fatichiamo a soffocare. Colpisce l’abnegazione di coloro – e sono tanti – che spendono parte del loro tempo per preparare e consegnare cibo e bevande calde ai tanti che non possono più permetterselo. La pandemia ha reso tutto più difficile, a  cominciare dal fatto che non è più possibile consumare il pasto in loco, per cui molti sono costretti a cibarsi nei parchi o sulle panchine.  La maggior parte dei fruitori scorre silenziosa, a testa bassa, ritira il pasto e si allontana.

Fra le tante storie di gente che, nell’attesa del pasto, ama raccontarsi, ci ha colpito quella di un uomo sulla cinquantina, che ogni giorno si reca a ritirare il cibo per tutta la famiglia. Ha sempre svolto lavori di vario genere, con ampia versatilità: operaio  nei cantieri, cameriere, autista, etc. Nell’ultimo anno e mezzo non ha avuto più richieste e la mensa gestita da associazioni caritatevoli ha rappresentato, e rappresenta, l’unico modo per sfamarsi e garantire un pasto caldo per il resto della famiglia. In coda anche molti pensionati che, con la pensione sociale, non riescono ad arrivare nemmeno al 10 del mese. La maggior parte dei Centri di ascolto delle organizzazioni benefiche ha registrato negli ultimi due anni un aumento medio del 50% delle richieste, a partire proprio dal cibo, casa e altri bisogni primari.

Il computo dei danni indiretti del Covid non è meno pesante rispetto alle conseguenze dirette, a partire proprio dal notevole incremento di persone in difficoltà per essersi ritrovati, di colpo, senza lavoro e con pochi sostegni. Di fronte a queste situazioni, non è possibile girarsi dall’altra parte: chi può deve dare il suo contributo e lo Stato dovrà continuare a farsi carico del sostegno di coloro che sono rimasti indietro, con buona pace dei tanti detrattori che si scagliano contro le misure verso i più deboli, salvo poi fare quadrato per difendere i propri e gli altrui privilegi.

Massimo Conocchia

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