Troppo poche/i

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L’ultimo rapporto ISTAT sui livelli di istruzione (https://www.istat.it/it/archivio/244848) conferma un dato noto ma che ogni volta stupisce e sconcerta. Cresce il divario dei laureati in Italia rispetto alla media dei paesi Europei. In Italia i laureati sono solo il 20%. In Italia solo il 20,1% della popolazione (tra i 25 e i 64 anni) possiede una laurea contro il 32,8% dell’Europa. Il dato dei laureati è in continuità con la quota dei diplomati che nel 2020 in Italia è pari a 62,9%, un valore inferiore rispetto alla media europea (pari al 79%). Vediamo ancora qualche dal rapporto e poi facciamo una riflessione finale.

  1. Le donne in Italia studiano e si laureano di più

Le donne laureate sono il 23,0% e gli uomini solo il 17,2%. Il vantaggio femminile non si traduce però in un analogo vantaggio quando si entra nel mondo del lavoro dove le laureate faticano molto di più a trovare un lavoro adeguato al titolo di studio conseguito. Le donne in Italia sono complessivamente più istruite degli uomini, sono il 65,1% mentre gli uomini solo il 60,5%. Anche le donne straniere hanno un livello di istruzione più elevato rispetto alla componente maschile: cinque straniere su dieci possiedono almeno il diploma contro quattro uomini su dieci, il 14,3% di queste è laureato contro l’8,3% degli uomini.

  • Sono maggiori i laureati uomini nelle aree scientifiche ma le donne crescono

Tra i laureati e le laureate nelle aree disciplinari scientifiche e tecnologiche, le lauree STEM (Science, Technology,Engineering and Mathematics), il divario di genere permane: tra i ragazzi è laureato 1 su tre mentre tra le ragazze solo una su sei.  Il dato sui laureati complessivi nelle aree scientifiche è simile nel Centro e nel Mezzogiorno mentre è più elevato nel Nord (dati che si confermano da anni).

  • Permangono i divari territoriali ma sono leggermente inferiori rispetto al passato

La popolazione residente nel Mezzogiorno è complessivamente meno istruita rispetto a quella del Centro-nord. Nel sud solo il 38,5% degli adulti ha un diploma di scuola secondaria superiore e solo il 16,2% ha raggiunto un titolo Universitario. Nel Nord e nel Centro circa il 45% è diplomato e più di uno su cinque è laureato.

  • In troppi ancora in Italia abbandono gli studi

Un dato impressionante riguarda quanti tra i giovani nel 2020 hanno abbandonato gli studi: si tratta di 543mila persone, il 13% della popolazione scolastica complessiva. Nonostante l’Italia abbia registrato notevoli progressi sul fronte degli abbandoni scolastici il tasso per l’Italia resta tra i più alti in Europa. L’abbandono scolastico riguarda più i ragazzi (15,6%) delle ragazze (10,4%). In termini di abbandono scolastico i divari territoriali sono molto ampi e più persistenti. Nel 2020, l’abbandono degli studi prima del completamento della secondaria superiore o della formazione professionale riguarda il 16,3% dei giovani nel Mezzogiorno, l’11,0% al Nord e l’11,5% nel Centro.

  • E gli studenti senza cittadinanza italiana?

Tra i giovani con cittadinanza non italiana il tasso di abbandono precoce degli studi è più di tre volte superiore a quello degli italiani: 35,4% contro 11,0%. Ed è in calo il livello di istruzione degli stranieri. 

Tutti questi dati parlano e dicono le stesse cose da molto tempo. Le variazioni ci sono ma sono minime. L’istruzione è l’indicatore più importante dello stato di salute di un paese: 1) il nostro paese non si riconosce nei giovani; 2) le donne per istruirsi faticano molto più degli uomini ma sono tenaci; 3) troppi sono ancora coloro che mollano gli studi e le famiglie, la scuola e le risorse dei territori non riescono a mitigare questa perdita; 4) Le risorse (culturali, economiche e sociali) presenti (o assenti) sui territori contano ma l’istruzione da sola non riesce a sopperire ai radicati divari territoriali. Se poi si aggiunge la diminuzione del tasso di natalità forse si riesce a spiegare perché in Italia sono così difficili i cambiamenti culturali e perché nel sud (e in Calabria in particolare) si fanno scelte elettorali sbagliate. L’Istruzione prima di essere un dato utile per il rendimento economico è un dato essenziale per valutare la maturità democratica di un paese (o di una regione). L’istruzione è un argine al populismo, al clientelismo, alla manipolazione culturale e alla diseguaglianza sociale, ma costa fatica e richiede coraggio e costanza. Le nuove generazioni sono pronte, noi adulti (forse) le stiamo tradendo.

Assunta Viteritti

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