Astensionismo e crisi della democrazia rappresentativa

Si è molto scritto sui livelli sempre più abissali di astensionismo alle consultazioni elettorali nel nostro Paese.

Le ultime regionali in Calabria, confermando un trend ormai cronico, hanno reso evidente che più di un elettore su due non si reca ormai a votare. Il fenomeno, di
per sé allarmante, ha radici lontane. Fino alla fine degli anni Settanta, ricordiamo enormi partecipazioni di popolo alle consultazioni

Lentamente, ma progressivamente, dal 1979 in poi, è cominciato un inesorabile tendenza a disertare i seggi da parte degli italiani, sempre più convinti dell’inutilità delle loro scelte, rafforzati in questo dagli eventi che meno di un decennio dopo
avrebbero determinato un vero e proprio terremoto iniziale, salvo poi permettere a un consolidato sistema di potere di riportare tutto nella situazione “quo ante”. Il 1992 è l’anno delle grandi stragi e dell’attacco diretto della mafia allo Stato, colpendo i suoi più fedeli servitori

La stagione di “mani pulite” darà la spallata definitiva a un sistema ormai in crisi da anni e di cui le indagini giudiziarie si occuperanno di certificare la morte. Dal 1994 in poi, cambia il sistema elettorale, si archivia il proporzionale puro in nome di un sistema misto, che stabiliva comunque una soglia di sbarramento. Le segreterie dei partiti, poi, hanno assunto un ruolo sempre più predominante nei processi decisionali, sostituendosi agli elettori con la progressiva abolizione delle preferenza negli anni
successivi, per cui, di fatto, il cittadino è semplicemente chiamato a ratificare delle scelte.

Tutto questo ha determinato come effetto che l’eletto non risponde più agli elettori e al proprio collegio ma alle segreterie dei partiti, che usavano ed usano questo sistema in modo di fatto ricattatorio. Veniva, quindi, spersonalizzato il rapporto tra elettore ed eletto, con immaginabili conseguenze. Contemporaneamente, finiva l’epoca dei partiti di massa – espressione spesso di ideologie differenti – e iniziava quella dei leader: Prodi e Berlusconi hanno tenuto la scena alternativamente fino a meno di 10 anni fa.

In sintesi, non più partiti di massa, capaci di portare avanti istanze che, non infrequentemente, nascevano dalla base e dalle sezioni, ma ectoplasmi nati da scelte di una ristretta oligarchia, quando non di addirittura personali.

In pratica, i primi anni ‘90, con la scomparsa delle grandi ideologie del Novecento, il crollo del vecchio sistema dei partiti, hanno profondamente mutato il rapporto tra movimenti e cittadini, al punto che questi ultimi sono stati progressivamente allontanati da qualsivoglia momento decisionale e partecipativo. Questa progressiva
metamorfosi è stata senz’altro alla base del mutato rapporto tra partiti e cittadini ed è oggi una delle cause principali di astensionismo. E’ venuta meno la passione e l’interesse dell’elettore verso qualcosa che ha sentito sempre più come estraneo. Negli ultimi dieci anni, poi, è cresciuta la sensazione e la consapevolezza nel cittadino elettore che le decisioni degli stati membri siano subordinate a quelle di un’oligarchia europea e alla Banca Centrale.

In pratica, al di là delle decisioni dei singoli Stati, gli organismi europei – Germania in primis – hanno dimostrato di potere incidere nella nascita e nella crisi dei governi nazionali.

Dal 2011 in poi, ci sono stati, nel nostro Paese, almeno due esempi, uno recente e l’altro meno, in cui i cambi della guardia a Palazzo Chigi, sono stati incentivati – o per lo meno “suggeriti” – dall’Europa. Tutto questo, al di là di ogni considerazione su quei governi, è per lo meno atipico. Un insieme di eventi, in definitiva, che ha contribuito a radicare nel cittadino l’idea di una sostanziale inconsistenza nei
processi decisionali.

Tutto questo è molto triste ma le responsabilità appaiono, dal nostro punto di vista, abbastanza chiare. Assai meno lo sono i rimedi, in una situazione nella quale né a livello locale, né internazionale, si intravvedono segnali di inversione di tendenza. In
definitiva, ai partiti fa comodo un astensionismo marcato; per loro è sufficiente che una fetta, anche minimale, di popolo si rechi a ratificare le loro decisioni. Non ci resta, pertanto, che sperare nel determinismo storico e nel fatto che, prima o poi, tutti i sistemi sono destinati a un’inesorabile logoramento e alla crisi, seguita,
spesso, da brevi periodi di reale rinnovamento.

Massimo Conocchia

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