Super Mario e l’investitura dall’alto

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Il recente convegno di Confindustria ha, di fatto, incoronato quale regnante presente, e soprattutto futuro, l’attuale presidente del Consiglio.

Ora, prescindendo da ogni considerazione sull’uomo e sulle capacità – che diamo per rate, se non altro sotto il profilo della competenza economica, visto il ruolo ricoperto e la sua carriera di tutto rispetto -, ci sembra perlomeno atipico che Confindustria indichi chi dovrà essere il prossimo premier. Indirettamente, come da qualche parte è stato più acutamente sottolineato (si veda il fondo di Marco Travaglio su “Il fatto quotidiano” del 23 settembre), si vorrebbe sminuire il ruolo delle elezioni e le possibilità decisionali di quel popolo di cui spesso ci riempiamo la bocca ma che ci sta bene solo nella misura in cui riusciamo a gestirne e pilotare i processi decisionali. In sintesi, nessun colpo di testa, le elezioni sono, a parere di questi signori, un atto puramente formale.

Molto meglio mettersi al riparo da sorprese indicando già da ora il futuro premier, magari sostenuto da un’ampia maggioranza, con buona pace dei principi fondanti di uno stato democratico, che vede nella diversità dei ruoli tra maggioranza e opposizione (la prima con l’onere di governo, la seconda col dovere di controllo e pungolo) uno dei suoi elementi basilari. Ciò che sta succedendo in Italia negli ultimi mesi è già di per sé atipico, considerato il modo in cui si è arrivati all’attuale governo. Tentare di stabilizzare anche per il futuro un governo nato in laboratorio, indicando aprioristicamente il premier dopo il 2023, rappresenta l’ennesimo sfregio a quella democrazia per la quale tanto sangue è stato versato.

Gli stessi signori che vorrebbero cristallizzare l’attuale assetto di governo sono quelli che si oppongono fermamente a quelle misure di coesione sociale e di sostegno che il precedente governo aveva introdotto. Pensiamo al reddito di cittadinanza, al superamento della legge Fornero, che, con l’aggancio alla vita media ha introdotto un principio aberrante secondo il quale bisognerebbe restare al lavoro fino a 70 e oltre, in prospettiva.

Quelle forze che si erano opposte ad alcune forme di privilegio, come i vitalizi, che avevano portato avanti una politica di welfare innovativa, rischiano di uscire da questa tornata elettorale fortemente penalizzate. Per i 5 stelle, probabilmente Conte riuscirà a tamponare la frana, limitando i danni ma con molta probabilità usciranno ridimensionate dalle urne, pagando il prezzo sia di una politica coerente con alcune linee programmatiche ma anche alcune divisioni e lacerazioni interne che hanno, in qualche maniera, inciso.

Dalle urne, il prossimo 4 ottobre, emergerà probabilmente il ritratto di un Paese profondamente diviso che poco rispecchierà una maggioranza nazionale raffazzonata, eterogenea e con interessi divergenti. Per quanto riguarda la Calabria, la speranza è che le nuove classi dirigenti possano caratterizzarsi per una profonda discontinuità col passato recente e meno recente, fatto di pressapochismo e incompetenza nella migliore delle accezioni.

Massimo Conocchia

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