Ritornare
E’ tempo di ritorni. Settembre ci riaccosta al tempo dell’ordinario, al tempo scandito dagli impegni sociali e professionali. Il secondo ritorno dopo l’inizio della pandemia questo del 2021. Ci muoviamo tutti nella tensione tra eccezione e consuetudine, abbiamo imparato nuove routine che porteremo con noi per ancora molto tempo.
Abbiamo appreso nuove forme di vicinanza, senza tanti fronzoli, uno sguardo, un sorriso degli occhi, un tocco con i pugni chiusi e oggetti che non ci abbandoneranno, mascherine, gel, pulizia frequente delle mani, accortezze che ci terranno in una allerta vigile ma sempre più serena.
E’ tempo di nuovi diari scolastici, di nuovi dizionari e nuovi quaderni, di nuovi libri di testo e forse di nuovi compagni e compagne di classe e nuovi professori e professoresse. Nuove amicizie, contenuti e discipline che si affronteranno per la prima volta, tutte e tutti dobbiamo ritrovare il tempo scandito che riordina le idee e le pratiche di ogni giorno.
I docenti si stanno già preparando, progettando, programmando, nuovi metodi, nuove domande: come mantenere viva l’attenzione, come supplire all’assenza del contatto, cosa fare per integrare i più fragili? Domande non nuove che in questo ritorno prenderanno nuovi significati.
Si torna in presenza, le aule si popoleranno nuovamente ma regole vecchie e nuove saranno un (necessario) ingombro che limiterà spazi, movimenti e vita quotidiana. Molti giovanissimi sono davanti a una scelta e la stanno affrontando: vaccinarsi.
Molte famiglie con figli e figlie sopra i 12 anni stanno decidendo di procedere con la vaccinazione per contenere i contagi e mitigare gli effetti del virus, quante preoccupazioni, incertezze, domande. Eppure sono tanti i più giovani che si stanno vaccinando, stanno rispondendo in gran numero, con fiducia nella scienza e nel futuro. Ecco è proprio da loro che dobbiamo imparare, a loro dobbiamo guardare, milioni di giovani cittadini che silenziosamente e con il supporto delle famiglie stanno facendo un atto di difesa della salute e insieme un atto civico. E’ come andare al voto, come rispondere a un bisogno civico. Vaccinarsi per tornare a vivere insieme, per mostrare di essere adulti, a se stessi e al mondo. Giovanissimi che con il vaccino si sentono, forse per la prima volta, parte di una collettività che si autoprotegge in modo intergenerazionale.
Le scuole e le università torneranno in presenza, la vita sociale si ripopolerà di generazioni al lavoro, la mobilità delle città si intensificherà nuovamente dentro accorgimenti quotidiani personali e individuali che si intrecceranno nel tessuto collettivo. Con la pandemia abbiamo imparato la problematicità della vita relazionale che fino agli inizi del 2020 davamo per scontata, abbiamo imparato che ognuno di noi è anche l’altro, che siamo immersi in quella che un importante studioso, Paul Ricoeur, ha definito come etica della reciprocità, uno spunto importante per iniziare il prossimo anno scolastico e universitario.
Eppure non tutti torneranno. Non torneranno per ora 81 studentesse afgane iscritte all’Università di Roma “La Sapienza”. Sono ancora bloccate a Kabul insieme ad altri 37 ragazzi. Pur inseriti nelle liste del Ministero della Difesa italiano non sono riuscite a partire e nei giorni drammatici dell’esodo da Kabul sono rimaste intrappolate nel loro paese che oggi non lascia più spazio alle donne. Gli “studenti” talebani così impauriti dal femminile lo disprezzano e lo osteggiano, faranno un governo senza donne e limiteranno le libertà di mobilità, di formazione e di autodeterminazione delle donne afgane. Anche da questo vogliono allontanarsi le 81 studentesse che vogliono raggiungere Roma, l’Università e la libertà. Molte bambine in quel paese non torneranno a scuola, generazioni femminili che saranno condannate al silenzio o alla lotta. La nostra libertà di ragazze e donne occidentali è il loro desiderio più alto, ricordiamo anche questo all’inizio del prossimo anno alle giovani generazioni che incontreremo nelle nostre aule.
Assunta Viteritti