La Calabria al voto

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Il 3 e 4 ottobre prossimo, i cittadini calabresi saranno chiamati alle urne per l’elezione del nuovo Consiglio Regionale, appuntamento reso necessario dalla prematura scomparsa della compianta Jole Santelli.

Immagino che parlare di Calabria, per un calabrese, sia sempre un esercizio intellettuale e sentimentale particolarmente complesso.

Si intrecciano impulsi diversi tra loro, dall’amore per la propria terra, caratterizzata da una peculiare bellezza e da una storia millenaria, all’irritazione per l’incapacità di una classe dirigente autoreferenziale di pensare e garantire il suo potenziale sviluppo.

La sintesi, credo, la realizzi il sentimento più comune e diffuso: la disillusione e l’atavica rassegnazione.

Guardiamo un po’ i numeri.

Analizzando un rapporto Svimez, emerge che nel periodo 2001-2007, il tasso di crescita annuale cumulato del PIL della Calabria è stato del 3,1%, inferiore a quello del Mezzogiorno (+4,0%) e delle altre ripartizioni territoriali (8,1% l’Italia; 9,5% il Centro-Nord; 8,5% il Nord-Ovest; 9% il Nord-Est; 11,3% il Centro Italia). 

Negli anni della grande crisi finanziaria, tra il 2008 e il 2014, laflessione del Pil regionale (-14,3%) è stata sensibilmente superiore rispetto a Mezzogiorno (-12,6%) e Italia (- 8,5%). La breve ripresa del periodo 2015-2018 non sembra avere interessato la Calabria il cui tasso di crescita cumulato del PIL si è attestato a un +0,6%, significativamente inferiore al Mezzogiorno (+2,5%).

Solo nel 2019, quando l’economia italiana è tornata in una fase di sostanziale stagnazione, il Pil calabrese ha raggiunto il +0,9%, performance migliore del Sud e delle altre ripartizioni geografiche.

Nel contesto segnato dalla difficoltà di ripresa dopo gli anni della grande recessione, si sono inseriti gli effetti della crisi da Covid-19 che hanno portato, nel 2020, a una flessione del PIL del 9,6%, valore superiore a quella del Mezzogiorno (-8,2%) e alle altre ripartizioni territoriali (-8,9% l’Italia; -9,1% il Centro-Nord; -9,0% il Nord-Ovest; -9,4% il Nord-Est; -8,9% il Centro). 

A fronte di un calo dei consumi di -8,1% (superiore al -7,4% del Mezzogiorno, ma inferiore al -8,6% dell’Italia), si è registrato nel 2020, una netta caduta degli investimenti (-11,4%), più alta rispetto all’Italia (-9,1%) e al Mezzogiorno (-8,5%). 

Nel 2020, la flessione del reddito disponibile delle famiglie consumatrici calabresi (-3,3%), è stata superiore alle varie ripartizioni territoriali (-2,8% il Mezzogiorno e l’Italia; -2,7 il Centro-Nord; -2,2 il Nord-Ovest; -2,1% il Centro) con la sola eccezione del Nord-Est (-4,2%).

Questi numeri trovano riscontro nell’andamento del PIL pro capite del periodo 2007-2020 il quale evidenzia che: a) a differenza di quanto avviene per l’Italia, la Calabria registra unacaduta progressiva per tutti gli anni della grande recessione; solo dal 2014 la flessione si arresta e i valori si mantengono sostanzialmente costanti fino al 2019; b) i valori assoluti del PIL pro capite sono sempre inferiori a quelli del Mezzogiorno; c) la caduta del 2020 interviene quando il PIL pro capite non ha ancorarecuperato i livelli del biennio 2007-2008; d) il valore assoluto del 2007 è inferiore a quello segnato nel 2020 dall’Italia nel suo complesso.

Le maggiori contrazioni si sono registrate: nell’“agricoltura” (-11,6%), in una misura sensibilmente superiore al resto del Paese (-6% l’Italia e -5,1% il Mezzogiorno); nelle “costruzioni” (-11,2%), su valori sensibilmente superiori al -6,3% dell’Italia e al -4,5% del Mezzogiorno; nell’“industria in senso stretto” (-9,1%), seppure in misura inferiore a Italia (-11,1%) e Mezzogiorno (-10,5%); nei “servizi” (-9,1%), caduta superiore a Mezzogiorno (-7,8%) e Italia (-8,1%).

Il tasso di occupazione del 2020, mostra un calo in tutte le fasce di età e in particolare nelle fasce 15-34 anni.

Il tasso di inclusione, calcolato considerando la quota di percettori del reddito di cittadinanza ogni mille abitanti, passa dal 95,9‰ del 2019 al 120,1‰ del 2020, con una crescita di 24,2 punti, sensibilmente superiore all’ Italia (17,2 punti) ma inferiore al Mezzogiorno (29,3 punti).

Infine, le proiezioni di crescita del PIL 2021 della Calabria, si attestano a +2,1%, minore di Mezzogiorno (+3,3%) e Italia (+4,7%); inferiore rispetto alle altre due ripartizioni anche l’aumento dell’occupazione nel 2021 (+1,2% la Calabria, +1,6% il Mezzogiorno e +1,7% l’Italia). Il valore delle esportazioni 2021, seppure in crescita (+5,8%), dovrebbe assestarsi su livelli inferiori a tutte le altre regioni e al +7,6% del Mezzogiorno e al 10,2% del Paese; la spesa delle famiglie dovrebbe aumentare del 2,0% (+2,8% il Mezzogiorno, +3,2% l’Italia). 

La ripresa del PIL dovrebbe incrementarsi ancora nel 2022 (+3,0%), sempre però in misura sempre inferiore al Mezzogiorno (+3,2%) e all’Italia (+4,0%); l’aumento dell’occupazione nel 2022 raggiungerebbe il +2,9%, sostanzialmente in linea con Mezzogiorno (+2,8%) e Italia (+2,9%). Le esportazioni 2022 (+5,3%) dovrebbero rimanere inferiori a Mezzogiorno (+6,4%) e Italia (+6,5%); la spesa delle famiglie dovrebbe attestarsi nel 2022 al +2,9% (+3,8% il Mezzogiorno, +4,6% l’Italia).

I dati, quindi, parlano chiaro.

La nostra Regione, in un contesto generale caratterizzato anche da crisi importanti, negli ultimi decenni, ha conosciuto una pressoché costante quanto sistematica flessione in negativo di tutti i suoi dati economici e sociali aggregati, fenomeno questo da ricondurre ad un’evidente ed incontestabile incapacità della classe dirigente di apportare quanto di fatto necessario a garantirne il suo sviluppo.

Le motivazioni di detta incapacità sono davvero tante e di diversa natura tra loro, ma primario a mio parere, è stato il consociativismo ed il clientelismo che ha contraddistintol’intreccio tra la mala politica ed il mondo della produzione e della società.

In questo momento storico, invertire la tendenza risulta vitale, considerando la mole di investimenti pubblici che dovranno essere effettuati in attuazione del PNNR, risorse che potranno trovare una reale ed efficace messa a terra, solo nella condizione in cui a gestire i progetti ed i corrispondenti flussi finanziari, saranno chiamati a lavorare e collaborare tra loro soggetti di differentirealtà, dotati di adeguata capacità e prospettiva futura.

Sulla base di stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze, le amministrazioni locali saranno responsabili della realizzazione di una quota significativa degli investimenti previsti, pari a circa 87 miliardi di euro. 

Sicuramente, la costituzione di “laboratori territoriali”, formati dai diversi specialisti nella progettazione ed attuazione delle politiche di sviluppo, anche in raccordo con le Università presenti nel territorio, sarà in grado di supportare efficacemente le amministrazioni locali, ed in particolare i Comuni.

Il sistema “a bando” tra amministrazioni comunali, in assenza discelte che vadano in questa direzione, può rappresentare un serio e concreto rischio di esclusione dalle procedure di gara.

Noi cittadini avremo come sempre e necessariamente garantito dall’esercizio compiuto dalla democrazia, il compito e la responsabilità di scegliere le persone giuste, ovvero quelle che non prometteranno favori personali per esclusivi interessi propri, ma proporranno progetti di crescita economico e sociale generale.

Altrimenti, sarà sempre la stessa storia.

Angelo Montalto

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