Scuola/Madrasa

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Talebani, letteralmente “studenti”, un movimento religioso fondato agli inizi degli anni Novanta nella città di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan. Nel regime degli “studenti” il tasso di analfabetismo femminile è intorno all’85% e la grande maggioranza delle donne continua a sposarsi contro il proprio volere. La violenza domestica è molto diffusa, la mortalità materna altissima, il 95% dei suicidi sono commessi da donne. 

Gli “studenti” talebani proibiscono alla popolazione di partecipare alla vita politica, vietano di ascoltare musica e di andare al cinema. Secondo questo movimento le donne non possono lavorare, non possono andare a scuola e devono indossare il velo integrale.

I talebani controllano gran parte dell’economia afgana fondata sul commercio dell’oppio (il paese è il principale produttore del pianeta). Impongono tasse ai coltivatori di papavero e ai produttori di oppio e commerciano illegalmente per la produzione dell’eroina in tutto il mondo.

L’unica istituzione educativa riconosciuta è la Madrasa, un istituto basato sull’acquisizione dei principi della religione islamica, l’apprendimento della lingua araba, la storia e la letteratura sacra dell’Islam e la memorizzazione del Corano (di solito si tratta di “scuole” aperte solo per gli uomini).

Ora dopo la riconquista da parte degli “studenti” l’istruzione per le donne e le ragazze sarà di nuovo proibita. Le donne secondo il pensiero maschilista e criminale degli “studenti” talebani non hanno il permesso di lavorare fuori casa o addirittura di uscire di casa senza un custode.  

Liberare le donne da tale stato di degrado e di sottomissione imposto dal regime talebano è stata una delle principali spinte di molti paesi occidentali, compreso il nostro, per giustificare la ventennale missione in Afghanistan che si è ora conclusa con il ritorno dei talebani delle madrase e del terrore. Una cultura terribilmente maschilista che non è stata scalfita dalla presenza sul terreno negli ultimi 20 anni di eserciti e volontari dei paesi occidentali.

Eppure, non è stato sempre così. Gli anni ’50/’60 videro per quel paese riforme e possibilità di partecipare alla vita pubblica; alla fine degli anni ’70 le donne ebbero gli stessi diritti in tutti gli ambiti. Negli anni ’90 con i talebani si torna nel baratro culturale e sociale. Nel 2001 gran parte delle restrizioni sono state formalmente rimosse, molte donne sono tornate a studiare, a lavorare e a impegnarsi nella vita pubblica e politica, hanno frequentato la scuola e le università, sono state create infrastrutture scolastiche, sistemi legali di vita, un sistema educativo pubblico, nel paese è stato ricreato molto, dall’istruzione al sistema legale, dai servizi sociali all’economia e le donne hanno ri-guadagnato respiro e spazio. Non solo le donne, ma gli afgani in generale hanno fatto nuove conquiste. Ora si rischia di nuovo il precipizio.

Pensiamo però ora a tutti coloro che hanno collaborato con le forze occidentali negli ultimi 20 anni e che non riusciranno a lasciare il paese. Nessuno vedrà, non avranno telecamere, non avranno social, non avranno piazze dove discutere, non avranno voce. Molti ragazze e ragazzi vivranno nel terrore di non poter esprimere la loro libertà di esistere, che pure nel clima di guerra negli ultimi anni avevano respirato. 

Non torneranno a scuola e non sarà per colpa della pandemia.

Assunta Viteritti

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